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Lo sfogo: «La morte non è una scelta sbrigativa o di comodo»

Gianfranco Bastianello vicepresidente dell'Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, da 15 anni malato di Sla, scrive al Papa: «Cosa c'è di sacro in una sofferenza mai voluta né cercata?»

«La morte non è una soluzione sbrigativa né di comodo». A scriverlo, rivolgendosi al Papa, è Gianfranco Bastianello, 63 anni, di Cavallino. Lo conoscono tutti Bastianello: è vicepresidente della Uildm Venezia, l'unione italiana lotta alla distrofia muscolare, e da anni affronta come un leone dure battaglie a fianco di malati, casi disperati di patologie gravi e terminali, sostenendo le famiglie e facendosi carico di responsabilità, impegni e qualsiasi tipo di incombenza, al solo scopo di renedere più semplice la vita degli altri.

Vivere per combattere

Chi conosce Bastianello, e sa che è seduto da anni su una sedia a rotelle, che ha difficoltà nei movimenti, ed è malato di Sla, sa che Bastianello non ha mai scelto una strada semplice. Non solo perché non ha potuto. Non lo ha voluto, anche se legittimato nelle sue condizioni. Della malattia, e di come si viva da malati non autosufficienti, Bastianello ha sperimentato e toccato con mano ogni aspetto. Non solo in se stesso, ma forse e soprattutto stando vicino e aiutando concretamente gli altri, nelle piccole e grandi cose. Bastianello è un uomo profondamente credente e di fede. Ed è un praticante. Ha accompagnato decine, forse un centinaio, di persone ai funerali, dopo essersene occupato per anni: malati terminali, allettati, paralizzati, nelle trafile con i medici, le visite, le trasferte, gli ospedali e l'assistenza. Salvo occuparsi anche dei famigliari dopo la morte dei loro cari, nell'organizzare e sbrigare le pratiche per le onoranze funebri, le carte e i documenti. Non ha mai chiesto niente che non fosse un'offerta destinata all'Uildm. Si rallegra, Bastianello, quando con la solidarietà di chi lo sostiene può acquistare attrezzature, carrozzine e supporti per i disabili. Spesso rende noto e ringrazia attraverso Facebook.

La Consulta

Un po' più difficile ringraziarlo, perché Bastianello risponde a ogni «grazie» restando in silenzio. Come se volesse dire «Non serve». La sua non è indifferenza, non è abitudine al male, al dolore, e non è neppure rassegnazione. Se c'è una persona che ha reagito al male, combattendo contro il male, è lui. Ma Bastianello non è cieco e non è sordo. Non è insensibile. E ogni persona, ogni famiglia aiutata, gli ha lasciato dentro un po' di dolore, di timore in più, ogni giorno. Di soffrire, di patire gli esseri umani hanno paura. Chi è credente, Bastianello stesso, direbbe: «anche Gesù aveva paura quando chiedeva al suo padre celeste di allontanare da sé la sofferenza». Con questa premessa si può capire, forse, come mai Bastianello abbia scritto al Papa. «Eutanasia, suicido assistito, non sono soluzioni di comodo. Quando ogni cosa che ti serve ti viene elemosinata dai servizi, quando comunque anche tutto ciò che ti danno non ti basta, perché vorresti la libertà di respirare, camminare, vivere. Quando i giorni passano, violentato ogni giorni da assistenti, infermieri, famigliari che ti toccano in ogni tua parte, mentre vorresti essere lasciato in pace - scrive -. E infine, e forse soprattutto, dice Bastianello, «quando vedi la disperazione negli occhi dei tuoi cari, che temono di andarsene loro prima di te, caro Papa Francesco, allora comprendi che c’è una unica via d’uscita, andartene. Nulla di sbrigativo e di comodo, ma solo il momento di scegliere, l’unica scelta». La lettera di Bastianello è di ieri, mercoledì 25 settembre, stesso giorno della sentenza storica della Corte costituzionale che ha dichiarato non punibile chi agevola, anche solo accompagnandolo, qualcuno alla morte. La Consulta ha invocato al più presto una legge del Parlamento. Sconcertata è rimasta, invece, la Chiesa.

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