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«Grandi navi compatibili con Marghera». Torna l'ipotesi San Leonardo. Lite sul Duferco

Mentre si parla di un rimpasto al governo per evitare la crisi Lega-5 Stelle che prevede l'uscita di scena del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli

Una giornata iniziata prima dell'alba, quella del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, sabato, a bordo di una nave da crociera, attraccata alla banchina di Porto Marghera, che ha percorso il canale dei Petroli entrando dalla bocca di porto di Malamocco. È il primo cittadino stesso ad aver spiegato il motivo del breve viaggio: «Abbiamo voluto dimostrarlo a tutti: le grandi navi a Marghera possono arrivare, senza passare più per il canale della Giudecca e davanti a piazza San Marco. La soluzione c'è, è a portata di mano, ed è una realtà». Brugnaro ha illustrato in un video il percorso dell'imbarcazione, indicando il canale Vittorio Emanuele III quello che dovrebbe venire scavato per permettere alle navi di risalire alla stazione Marittima dal centro storico, come da ipotesi Comitatone del novembre 2017. 

«A Marghera c'è l'industria»

A ribadire la propria contrarietà all'ipotesi Marghera i chimici della Cgil, la sigla Filctem veneziana, e i metalmeccanici della Fiom. «È incompatibile con il tessuto industriale esistente e con qualsiasi ipotesi di rilancio dell’area. Infatti questa scelta stravolgerebbe la sua naturale destinazione industriale, inducendo le aziende presenti a un repentino disinvestimento produttivo, favorendo piuttosto la speculazione. Non solo, con questa scelta viene meno la sicurezza delle navi, dei passeggeri e dei lavoratori dell'area. Far passare le stazze a pochi metri dai serbatoi pieni di combustibili, ad esempio quelli della Raffineria Eni, è rischioso. Da scartare - per Filctem e Fiom - anche la nuova proposta di far attraccare, seppur con carattere di transitorietà, le navi da crociera al terminal di Fusina. Anche questa non tiene conto della vicinanza dello scalo a un'area industriale complessa, in cui insistono a poche centinaia di metri le produzioni chimiche e la centrale dell'Enel, che in caso di disservizio creerebbero non pochi problemi agli utenti e alle banchine adiacenti».

Ex porto petrolifero

Nei giorni scorsi altri comitati sono tornati a far sentire la propria voce, come quello a sostegno della riconversione del porto di San Leonardo da petrolifero a crocieristico. San Leonardo dista 4 chilometri dalle bocche di porto degli Alberoni, sul canale artificiale dei Petroli. «Fino a porto San Leonardo il canale è largo 150 metri poi si restringe a 80/60 e prosegue con questa larghezza fino a Marghera - scrive il comitato -. Non ha bisogno di ulteriori costruzioni di protezione, tipo dighe o moli frangiflutti, per ridossare le navi da vento e mareggiate (per anni è stato usato per grandi petroliere). È dotato di sistemi antincendio, antinquinamento e di sicurezza, ed è simile a una conca che in caso di emergenza può essere chiusa rapidamente. Trovandosi a poca distanza dalla terraferma permette un veloce intervento dei mezzi di soccorso, in caso di necessità ed è distante dai centri abitati, con tutti gli effetti positivi in termini di riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico. In Marittima andrebbero solo le navi inferiori a 40 mila tonnellate».

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La riconversione

La struttura in questione, ricorda il comitato pro «ecoporto San Leonardo», è stata costruita negli anni '70 per permettere l’attracco di grandi petroliere (lunghe fino a 330 metri). La profondità dei fondali raggiunge i 12 metri. È attualmente in concessione a Eni che lo utilizza parzialmente, circa per 2/3 navi di medie dimensioni al mese, che attraccano per scaricare gasolio. «La riconversione da porto petrolifero a porto crocieristico è possibile - dice il comitato - in quanto non farebbe venir meno il rifornimento di gasolio alla raffineria. Le navi dotate di doppio scafo potrebbero proseguire per Marghera e ormeggiare su banchine esistenti, come già succede adesso per il 96% circa della navi che portano prodotti petroliferi. San Leonardo è l'unico posto della laguna - continua l'associazione - dove si possono costruire ex novo banchine per l’ormeggio di tre navi passeggeri della massima lunghezza e larghezza attualmente esistenti, 150.000-160.000 tonnellate di stazza, ma anche di futura generazione, e senza scavare nessun metro cubo di fango, in quanto la profondità dei fondali raggiunge, come detto, i 12 metri. Due anni è il tempo necessario per la realizzazione delle banchine indicate, compreso l’iter per l’autorizzazione e quanto previsto dalle procedure esistenti (il sito è già zona portuale). Circa 120 milioni il costo stimato dell’opera, tecnicamente fattibile in tre mesi (ad esclusione dei tempi necessari per le autorizzazioni e le procedure in essere)».

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Le istituzioni

«Il progetto è stato inviato ai diversi organi istituzionali (Autorità portuale, ministero Trasporti, Ambiente, Beni culturali, Capitaneria, Regione, Comune, a Vtp (Venezia Terminal Passeggeri) e altri operatori. Ma non è stata data alcuna risposta - scrive il comitato -. San Leonardo non è stato preso in considerazione. Il ministero dei Trasporti qualche mese fa ha chiesto all’Autorità portuale le schede tecniche di tutti le ipotesi esistenti (forse 13 progetti) compreso quindi il porto San Leonardo, ma non ci è dato sapere il contenuto di quanto trasmesso».

Duferco e detrattori

Il progetto De Piccoli Duferco è un'altra delle possibili soluzioni, l'unica ad aver ottenuto la Via (Valutazione di impatto ambientale), ma che non ha trovato il sostegno delle istituzioni locali e neppure l'entusiasmo delle compagnie crocieristiche, oltre a essere criticata perché promossa e finanziata da una società privata, la Duferco. L'ipotesi dell'arrivo delle grandi navi in bocca di porto, tra Punta Sabbioni e Lido, non è mai piaciuta neanche ai comitati ambientalisti del Litorale di Cavallino-Treporti. 

«Gli "ambientalisti" veneziani (o una loro rumorosa minoranza?) hanno definitivamente gettato la maschera - scrivono i comitati per la tutela dell'ambiente del Litorale -. L'appoggio al progetto De Piccoli-Duferco è ormai esplicito e viene ribadito di continuo. Nel contempo tutte le altre ipotesi sul campo vengono bollate come inadeguate. Il Duferco è l'unico progetto ad avere passato l'esame della commissione Via, e prevede le navi fuori dalla laguna. Ora, sappiamo che presentare un progetto alla commissione Via è un iter molto costoso, alla portata di una multinazionale come Duferco (che poi si rifarebbe abbondantemente), e non certo di singoli. Inoltre, è vero che il progetto è stato approvato, ma con 70 pagine di prescrizioni. Per non parlare dei più di 2 milioni di metri cubi di sabbia e caranto che andrebbero scavati. Quanto al "fuori dalla laguna", ribadiamo ancora una volta che Punta Sabbioni è laguna, e si può facilmente verificare. Ciò che continua a sorprendere è che il nemico sia stato individuato in Cavallino-Treporti, che si permette di esprimere la propria volontà, e non nelle multinazionali, in chi sfrutta l'ambiente solo per ricavarne profitto». «Non facciamo nulla di irremovibile - avevano spiegato a dicembre scorso Duferco Engineering e Cesare De Piccoli, ex viceministro dei Trasporti -. L'Autorità portuale dovrebbe preferire questa soluzione - secondo De Piccoli - già coerente con quanto previsto dal decreto Clini Passera (grandi stazze fuori dalla laguna). Il nostro progetto è l'unico fattibile - e su Cavallino-Treporti - andremo a parlare con la comunità e faremo emergere i vantaggi di questa opzione per i cittadini».

Gli incidenti

Due incidenti. Il primo, più grave, ha comportato l'impatto della nave Msc Opera contro la banchina di San Basilio, la mattina del 2 giugno scorso, con 4 persone ferite. L'eco della notizia si è diffuso all'istante, in pochi minuti gli occhi di mezzo mondo si sono rivolti su Venezia e sul rischio scampato: distruzione e vittime. Ne è emersa la consapevolezza che la sicurezza di un sistema unico e tanto delicato sembrava basarsi sul gioco della "roulette russa". Ad ogni passaggio di un gigante del mare, a sovrastare la città lagunare, un pericolo di collisione scampato. Nel secondo incidente la protagonista è la Costa Deliziosa in transito lungo il Bacino San Marco, a poca distanza dalla riva, nel pieno di un'alluvione, il 7 luglio scorso. La Costa compie una deviazione che le fa praticamente sfiorare la riva, rischiando di impattare contro una nave turistica. Da quel momento il must diventa trovare un'alternativa al percorso delle navi lungo il canale della Giudecca e davanti a San Marco. Subito dopo il primo incidente c'è la visita del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, a Venezia, che ha fatto scalo alle Zattere, nella sede della guardia costiera, e incontrato non le istituzioni ma il comitato No Nav, che la domenica precedente aveva organizzato una marcia cittadina con migliaia di partecipanti per ribadire: «Fuori le navi dalla laguna».

Il ministero dei Trasporti

«La soluzione Marghera non esiste - le parole di Toninelli del 14 giugno scorso, a Venezia - ci sono forti perplessità, è una zona indistriale a rischio Seveso. Politicamente la escludo. Coloro che parlano di Marghera come di una idea progettuale definita non dicono che è una zona industriale, occorrono anni per bonificare il sito. In campo restano Lido San Nicolò e Chioggia, valutando un referendum in merito alle grandi navi, per non far calare dall'alto nessuna decisione. Nell'immediato i rimorchiatori sono diventati tre, ma stiamo lavorando anche a una soluzione provvisoria, mentre il Vittorio Emanuele necessita del protocollo fanghi, di cui siamo in attesa». Della stessa caratterizzazione dei fanghi ha parlato il presidente dell'Autorità di sistema portuale, Pino Musolino, in audizione in commissione Trasporti alla Camera il 17 luglio scorso, come passaggio imprescindibile della soluzione Chioggia per la crocieristica veneziana. Le complicazioni però, la scorsa settimana, sono diventate più pesanti, non per la questione grandi navi a Venezia, ma per la tenuta stessa del governo giallo-verde. Con la Lega di Salvini a chiedere la "testa" del ministro pentastellato dei Trasporti, Toninelli, e un rimpasto in cambio della stabilità di cui necessita Di Maio per continuare la sua esperienza politica. Prospettiva che, anche per Venezia, può voler dire dover ripartire daccapo.

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