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Grandi navi in porto, Filctem: «Crociere e industrie sono incompatibili nella prima zona»

Chimici veneziani contro l'idea che il passaggio delle stazze a Marghera possa far arretrare attività come la Pilkington e la Bioraffineria: «Ci vuole una programmazione di tipo industriale»

Una questione che da qualunque parte venga considerata continua a tenere alta l'attenzione, quella delle grandi navi e del porto a Venezia. 

La prima zona industriale

Il dibattito si infiamma quando viene chiamata in causa l'area su cui insistono imprese come la Pilkington o la Bioraffineria Eni. «Quando l'ex assessore della giunta Orsoni, Roberto D’Agostino, caldeggia il suo progetto sull’approdo delle grandi navi in quella zona dimostra di non avere a cuore le fabbriche esistenti, senza soffermarsi sulla complessità di un’idea simile - scrive Riccardo Colletti segretario della sigla -. Questo modo di procedere apre di sicuro a un conflitto tra le attività esistenti e il turismo, guidato da interessi privatistici».

Bonifiche e attività produttive

Prima di tutto, spiega Colletti, «le aree di Porto Marghera per essere utilizzabili hanno come priorità il completamento dei marginamenti, al quale vanno affiancate bonifiche mirate alla tipologia del futuro reinsediamento. È evidente che tutte le strade che non prendono in considerazione queste priorità sono effimere, o nascondono interessi. Se qualcuno ha idea di portare le navi sulla prima zona industriale, dovendo essere completati marginamenti, retromarginamenti e creati gli spazi per l’approdo, deve tenere conto che in questo spazio ci sono la Pilkington e la nuova Bioraffineria. Alla Pilkington bisognerebbe far togliere 50, 60 metri di strutture che sono vicine al molo, dove ora c'è l’impianto di composizione delle materie prime per il vetro. Sui serbatoi inutile dire che nonn rappresentano problemi di sicurezza se le navi, così come prevede il progetto, saranno vicine proprio a depositi infiammabili».

Montesyndial

«Sull'area l’ex presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa aveva annunciato 600 posti di lavoro continua il sindacalista -. Ma al di là del bando e delle manifestazioni di interesse dopo 8 anni non abbiamo visto alcun realizzo, sebbene sia un’area che è stata bonificata, che ha i marginamenti, è attrezzata, ma non ha avuto nessuno sviluppo, se non quello di ospitare qualche container per un periodo limitato. Siamo stanchi - afferma - di vedere ministri che arrivano, promettono e se ne vanno. Stanchi di avere istituzioni che non si impegnano neppure a difesa delle attività esistenti. C’è bisogno di una programmazione industriale».

Il Gnl e idrogeno

Non manca una riflessione anche sul nuovo deposito di gas naturale liquido programmato sull'area, e che vede Decal come protagonista principale: «Un’opportunità - la definisce Colletti - per creare energia. La Sapio da tempo lavora sull’idrogeno, la Syndial stessa sta creando in altri siti italiani energia da fotovoltaico, ma anche impianti a biomassa che generano idrogeno. Porto Marghera nel prossimo futuro avrà la necessità, come tutti i siti industriali, di avere al proprio interno energia a basso costo, mentre è previsto che nel 2025 Enel chiuda la centrale Palladio. È necessario ricostruire una nuova filiera produttiva, c’è bisogno della chimica di base per sviluppare la chimica verde, ma soprattutto serve un’idea chiara di cosa si vuol fare dell’industria. Basta spendere soldi su studi di fattibilità e su pareri tecnici, se i risultati sono il fallimento del Mose e la mancata conclusione della conterminazione delle bonifiche di Porto Marghera».

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