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Mobilitazione in tutta Italia per i musei. A Venezia gli operatori vogliono ripartire prima del 22

La Fondazione veneziana non riprenderà prima di quella data, a pieno regime. I professionisti dei beni culturali vogliono rientrare in attività come molte altre categorie hanno già fatto

La doccia fredda per gli operatori e i professionisti dei musei civici veneziani è arrivata ieri, quando la Fondazione ha confermato la data della ripartenza: non prima del 22 giugno, a regime pieno. Aperture nei fine settimana dal 13 giugno. Ma la loro necessità di riavvire l'attività è uguale a quella di molti altri addetti che si sono potuti rimettere al lavoro. Riaperti esercizi pubblici, bar, ristoranti, parrucchieri, estetisti e prima il settore industriale e edilizio, insieme a tanti altri. Le sigle confederali veneziane già diversi giorni fa avevano chiesto un incontro alla Fondazione. «Non c'è stato alcun confronto - scrivono Filcams, Fisascat e Uiltrasporti - né sulla tutela occupazionale dei lavoratori, né sull'offerta sulla base della quale ripartire. Chiediamo un incontro per arrivare alla riapertura delle sedi museali veneziane». La Biennale «congelata e la Fondazione Musei Civici che tarda a rimettere in moto un settore chiave dell'economia della città lagunare», ha commentato Il nostro impegno per la città, Venezia Verde e Progressista. «Occorre garantire l’apertura a partire dall’inizio del mese di giugno. Non è accettabile un’apertura diluita nel tempo delle sedi museali». 

La mobilitazione dei lavoratori del settore va avanti in Italia e in Veneto da 3 giorni con la protesta, “Senza Cultura Nessun Futuro”: immagini sui social, flash-mob in piazza e fotodenunce per segnalare «lo stato di abbandono e disinteresse che sta colpendo i luoghi della cultura e gli operatori del settore. Sono mesi che il ministero si ostina a dire che “la cultura non si ferma”, ma la verità è che migliaia di istituti culturali sono fermi, da tre mesi, mentre tutti gli altri hanno subito un rallentamento», spiega Alice Battistella, storica dell’arte e accompagnatrice turistica. «A Venezia e Verona, città che avevano basato il loro indotto culturale sul turismo, è quasi tutto ancora chiuso, e ancor peggiore è la situazione di moltissimi musei, nazionali e civici, diffusi sul territorio». «Non parliamo solo di piccole realtà - spiega Leonardo Bison, archeologo e attivista - Sono chiusi istituti di primaria rilevanza, mentre chi ha aperto boccheggia: senza investimenti e pianificazione, anche le realtà che funzionavano bene prima della pandemia rischiano di chiudere». È partita una raccolta di segnalazioni per un dossier che sarà consegnato al ministro dei Beni Culturali e al governo. 

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