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San Marco non aspetta il Mose, progetta soluzioni per salvarsi da sola

Un patrimonio artistico inestimabile che va preservato dai danni delle cristallizzazioni saliniche che, nel tempo, provocheranno, così come in passato, danni gravissimi alla basilica

«Non possiamo rimanere fermi che il Mose funzioni oppure no» sono queste le parole del primo procuratore di San Marco Calro Alberto Tesserin alla resa dei conti dei danni subiti dalla basilica dopo le ondate di acque alte dagli scorsi anni fino a oggi. Preservare, ancor prima che restaurare diventa un dovere ma soprattutto una responsabilità per chi ha tra le mani un'opera d'arte dal valore inestimabile e di più di 900 anni d'età. Le soluzioni vanno trovate nel minor tempo possibile perché i danni delle acqua alte, causati dall'erosione dei materiali provocata dall'accumulo di cristallizzazioni saliniche portate dall'acqua, non sono visibili nell'immediato ma si manifestano nel tempo con una gravità sempre maggiore.

Oggi, un mese e un giorno dopo la marea eccezionale del 12 novembre, la procuratoria di San Marco sceglie di muoversi autonomamente e studiare a tavolino le soluzioni più efficaci per salvare la basilica con due progetti che riguardano la salvaguardia da un lato della parte di Sant'Apollonia e dall'altro della parte della piazza, quest'ultima, però, non di sola competenza della procuratoria. Da sacchi di sabbia per bloccare l'acqua a parapetti fissi, fino a passare a una possibile separazione della basilica da ciò che la circonda, sono queste le soluzioni che si spera di poter mettere in cantiere per non restare in attesa di una futura ondata di acqua alta o del funzionamento di una realtà, come quella del Mose, che non è detto avrà i risultati sperati. Per questo motivo, come spiega il procuratore Tesserin, si progetta da soli e ci si dà da fare con la progettazione, la messa in sicurezza e il restauro delle parti della basilica, purtroppo, già danneggiate. Poco più di 3 milioni è la cifra stimata per i lavori che comprendono le indagini, le analisi chimiche, gli interventi urgenti e la limitazione delle invasioni mareali. 

I danni della marea del 12 novembre 2019

I 187 cm di acqua alta dello scorso novembre hanno invaso la basilica di San Marco nella quasi totalità (+ 123 cm nelle nartece e + 40 cm nella basilica) lasciando all'asciutto la sola zona presbiteriale. Danni sensibili si sono riscontrati alla cripta, invasa per 70 cm dall'acqua salata, e nello specifico su marmi e pietre che già si portavano dietro i residui di sale degli anni scorsi. La pavimentazione tessulare ha riscontrato rigonfiamenti della malta, la disgregazione di diverse tessere portate via dall'acqua e perdite notevoli sui mosaici sia esterni che interni. Anche le cupole hanno riscontrato danni con lastre, coperture e una cuspide strappate via dal forte vento. 

Danni dell'acqua alta alla basilica di San Marco

I restauri dopo l'acqua alta del 29 ottobre 2018

L'acqua alta di 156 cm che ha colpito Venezia lo scorso anno ha portato i restauratori della basilica di San Marco a intervenire con la sostituzione di due basi di colonnette per minaccia di crollo con delle nuove basi realizzate con piombatura a caldo; la messa in sicurezza di 4 coppie di colonne, con capitelli risalenti all'800-850 d.C. e provenienti dal palazzo imperiale di Costantinopoli, che rischiavano il crollo per l'ossidazione, causata dal sale, dei perni metallici che le tenevano in piedi. Il totale speso per questi interventi è stato di oltre 140 mila euro tra indagini, analisi e interventi. 

Questi dati, e gli eventi atmosferici che hanno colpito Venezia nell'ultimo periodo, devono far riflettere su una consapevole gestione del patrimonio artistico cittadino perché le opere d'arte vanno non solo ammirate ma bisogna saperne tenere cura.

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