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Cronaca

Dopo Mostra, il giurato Garrone : "Non voglio fare più il giurato in Italia"

"Ho incontrato Ermanno Olmi, mi ha detto che a lui non era piaciuto Pietà di Kim Ki-duk, ecco fosse stato il presidente il leone d'oro sarebbe andato ad altri"

Qualcuno ha titolato 'la Corea degli italiani', 'giuria spietata con l'Italia': lo temeva il giurato italiano di Venezia 69 Matteo Garrone. Ancora nello smoking della serata finale della Mostra del cinema non riusciva proprio a godersi la cena riservata al terzo piano dell'Excelsior nel Salone degli specchi, con il pensiero rivolto a chi mentalmente gli stava rimproverando di non aver fatto di più per il bottino tricolore. "Intanto due premi su otto ci sono", dice a quattro croniste petulanti che sono riuscite a scovarlo, "e non ce ne é uno dei miei colleghi giurati d'accordo su tutti i premi che abbiamo assegnato. La giuria è un lavoro complicato, d'insieme e non è niente di oggettivo. Con quegli stessi 18 film ma un'altra giuria, avrebbero potuto vincere altri, che so Thy Womb di Mendoza che noi invece non abbiamo premiato affatto. Ho incontrato Ermanno Olmi prima, mi ha detto che a lui non era piaciuto Pietà di Kim Ki Duk, ecco fosse stato il presidente il leone d'oro sarebbe andato ad altri".

 
Matteo Garrone scruta il gruppetto che non se ne vuole proprio andare a dormire, sorridendo ma fa cenno con le mani di finirla così. Ma quando gli si commenta che si è fatto zittire dal presidente Michael Mann e da Samantha Morton alla conferenza stampa della giuria sbotta: "macché, mi hanno difeso invece, hanno capito che si cercava di mettermi in mezzo sui premi". Fatto è che Marco Bellocchio è andato via a mani vuote, come accadde nel 2003 con Buongiorno, notte, il film sul rapimento Moro, con Mario Monicelli presidente di giuria che all'epoca fu messo un tantino in croce. "Chiariamo che sono amico di Marco Bellocchio e lo ammiro. Nel voler ricevere delusioni da un mancato premio all'Italia siamo provinciali, perché un film in una giuria deve trovare più di un consenso e non è che ci mettiamo a leggere le recensioni o ci possiamo far influenzare dagli applausi, le decisioni sono di pancia, di gusti personali e io sono stato solo uno degli otto giurati. A Cannes sono stato fortunato nel trovare in giuria persone che si sono trovate d'accordo nell'apprezzare Gomorra o a maggio Reality, ma ad esempio agli Oscar no: Gomorra aveva vinto tutti i premi possibili eppure non entrò nella rosa dei dieci, che dovevo dire? Ho accettato, i festival sono un po' una lotteria".
 
L'esperienza di Venezia 69, sarà che la mezzanotte è passata da un pezzo e la stanchezza prende il posto dell'adrenalina, "é stata faticosa. Non voglio fare più il giurato, soprattutto in un festival italiano", si lascia sfuggire a caldo nell'amarezza del momento. L'idea che la delusione per Bellocchio - espressa già ieri a caldo dall'ad di Rai Cinema Paolo Del Brocco, che è anche il produttore e distributore dell'ultimo film di Garrone - possa coinvolgerlo lo turba e l'uscita di Reality, che a Cannes ha vinto il prestigioso Grand Prix della giuria, è imminente, il 27 settembre.
(ANSA)

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