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Cronaca Marghera / Via Cesare Correnti

Non perdono il vizio: i rapinatori del disabile a Marghera sono tre della baby gang

Due 15enni e un 17enne in manette all'alba di giovedì, poi il trasferimento in carcere minorile. Sono accusati dell'aggressione dell'uomo in carrozzina e della moglie a Marghera

Tre minorenni, tutti conosciuti alle forze dell’ordine. Sono due 15enni e un 17enne i teppisti che si sarebbero resi responsabili, lo scorso 20 marzo, della rapina in via Correnti a Marghera, a danno di un uomo di 65 anni in carrozzina e della moglie 54enne che l'accompagnava. Nella mattinata di giovedì i tre minori sono stati prelevati dalla polizia e condotti al carcere minorile di Treviso per il reato di rapina aggravata e lesioni.

Si tratta di ragazzini già conosciuti alle forze dell'ordine, che spesso si sarebbero macchiati di comportamenti illeciti. Nella circostanza, i minorenni avevano tentato di scippare la borsa alla donna, che a seguito di un tentativo di difesa, era stata aggredita, scaraventata a terra con violenza. I giovani avevano preso il bottino (all’interno della borsa c’erano circa 60 euro in contanti, più una carta di credito) e poi se l’erano data a gambe.

Il commissariato di polizia di Marghera, dopo l’aggressione, ha sviluppato le proprie indagini, facendo leva su ogni attività utile all’individuazione dei tre responsabili, specie attraverso la collaborazione dei vicini che avevano visto i minori aggirarsi nei paraggi. A più riprese. L’operazione delle forze dell’ordine ha quindi permesso di identificarli e raccogliere le prove che hanno portato l’autorità giudiziaria minorile ad emettere un’ordinanza restrittiva nei propri confronti. Fondamentale è stato il riconoscimento fotografico dei responsabili, tanto da parte delle vittime, quanto da parte del vicinato che ha collaborato. Elementi che hanno portato all'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare. Una misura "estrema" in fatto di minori, che però in questo caso è stata ritenuta necessaria.

I ragazzini sono già noti alle forze dell’ordine. Tutti e tre, infatti, erano coinvolti nell’indagine del 2014 della squadra mobile di Venezia sulla baby gang che operava su Mestre e Marghera, colpendo nella fattispecie cittadini stranieri. Due dei tre, in particolare, furono posti ai domiciliari, mentre il terzo non fu raggiunto da alcuna misura: in quanto tredicenne ed ancora “minore non imputabile”.

Ciò che colpisce è la reazione a queste ripetute operazioni delle forze dell'ordine. Alternando momenti di scoramento in cui i protagonisti della vicenda tradiscono la propria tenera età e altri in cui sfiderebbero apertamente polizia o carabinieri. Senza avere la consapevolezza della gravità delle loro azioni. Tanto più che la Procura minorile può spiccare un'ordinanza d'arresto solo per reati che si caratterizzano per un pena massima di reclusione superiore a 9 anni. Reazioni "scomposte" anche da  parte dei genitori, che alternano attimi di arrabbbiatura verso i figli a momenti di protezione nei loro confronti. Due dei tre arrestati sono di origini dell'Est Europa, mentre uno ha genitori italiani. Almeno uno dei due che finirono ai domiciliari nel 2014 al tempo era stato trovato con in casa anche una katana.

IL PRESIDENTE DELLA MUNICIPALITA', GIANFRANCO BETTIN - "Simili atti, odiosi e vigliacchi - dichiara il presidente della Municipalità, Gianfranco Bettin - non devono restare impuniti: questo il messaggio che istituzioni e comunità ribadiscono con tutta la forza necessaria. Resta, tuttavia, irrisolta la questione dei percorsi educativi più adeguati per prevenire simili episodi e modificare le condizioni di base che li provocano e causano gravi danni alla comunità, alle vittime incolpevoli, ma anche a ragazzi e ragazze comunque troppo giovani per essere considerati perduti senza rimedio e ai quali vanno proposte, secondo percorsi rigorosi, opportunità di cambiamento virtuoso. Resta anche aperta la questione del potenziamento di servizi sociali ed educativi drasticamente indeboliti e depotenziati nel corso dell’ultimo paio d’anni da tagli di risorse, di personale e da un’organizzazione del lavoro che, soprattutto per il taglio dei “progetti speciali”, è diventata del tutto inadeguata. Non a caso, la recrudescenza dei casi più gravi, ma soprattutto la difficoltà di affrontarli con strumenti che non siano soltanto repressivi, emerge drammaticamente in particolare in tale periodo. Occorre, dunque, ripristinare risorse e strumenti per affrontare la situazione a tutto campo".

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