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Cronaca

Bancarotta, truffa, evasione: imprenditore in manette, perquisizioni in provincia di Venezia

Un 61enne aveva creato una società fantasma con sede a Bologna, intestata a prestanome, irraggiungibile da creditori e fornitori. Denunciate altre quattro persone

Bancarotta fraudolenta, truffe, e reati fiscali, tra cui l'evasione. Sono queste le accuse mosse a un imprenditore di 61 anni, originario di Foggia, arrestato con un mandato di custodia cautelare emesso dal tribunale di Bologna su richiesta della procura ed eseguita dalla guardia di finanza di Bologna. Sono state denunciate in concorso altre 4 persone e effettuate perquisizioni anche in provincia di Venezia.

Le forze dell'ordine hanno disposto il sequestro preventivo di 15 auto, e somme fino all’ammontare di 1.956.721 euro, considerati il provento della bancarotta. Sigilli anche a beni immobili, mobili e disponibilità finanziarie fino all’ammontare di un 1.075.952 euro, questi frutto dell'ipotizzato omesso versamento delle imposte. dovute.

Le indagini eseguite dalle fiamme gialle si sono concentrate sul fallimento di una società, operante nel settore della compravendita di autovetture ed altri beni. La società operava nella zona di Cerignola, in Puglia, sede successivamente trasferita a Bologna. Gli approfondimenti condotti hanno permesso di delineare «numerose condotte illecite poste in essere dal principale indagato che, nell’arco di circa cinque anni, si è reso responsabile non solo di reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e per operazioni dolose ma anche dei reati di natura tributaria di dichiarazione infedele, omessa presentazione di dichiarazioni fiscali e distruzione di documentazione contabile».  

In particolare, in una prima fase, si sarebbe fatta “sparire” la società, spostandone la sede a Bologna, presso un indirizzo ove risultava sconosciuta e quindi irreperibile, e intestando le quote e le cariche a soggetti prestanome nullatenenti. Successivamente, l’attività commerciale veniva proseguita in completa evasione di imposte (senza assolvere agli obblighi di registrazione, dichiarazione e versamento delle imposte) e ponendo in essere truffe a danno di ignari fornitori.  

Questi ultimi, dopo il versamento di alcuni acconti, ricevevano in pagamento assegni postdatati privi di copertura e/o resi irregolari alla data dell’incasso in quanto, nel frattempo, era cambiato l’amministratore formale e quindi la persona autorizzata alla firma della traenza alla data apparente dell’assegno. L’irreperibilità della società e degli amministratori rendeva vano anche qualsiasi tentativo da parte dei creditori di poter far valere le proprie spettanze. Tali comportamenti facevano sorgere, di conseguenza, in capo all’impresa ingenti debiti a cui la stessa non riusciva a far fronte dal momento che i proventi derivanti dalla vendita dei beni aziendali (compresi quelli acquisiti in frode) venivano distratti dall’indagato dalle casse della società causandone inevitabilmente il fallimento.

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