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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Marghera / Via dei Faggi

Rapina in villa, minacce col coltello al proprietario: banda sgominata

L'assalto fu del marzo scorso. Già a giugno tre complici furono fermati perché incastrati dalle intercettazioni. L'ultimo uomo individuato ora

Mancava solo lui all'appello, ossia il quarto componente della banda che il 23 marzo scorso assaltò la villa di Massimo Azzalin, dipendente amministrativo del "Messaggero di Sant'Antonio" che venne minacciato con un coltello e rapinato in di via dei Faggi a Marghera. L'uomo sorprese uno dei banditi in azione, mentre subito dopo si svegliò anche la moglie. Si trattava di un'abitazione isolata, raggiungibile solo attraverso una stradina di sassi. Una situazione logistica che deve aver fatto gola ai delinquenti, che però ora dovranno pagare il conto con la giustizia.

I primi fermi sono scattati a fine giugno, nei confronti di un 30enne e di un 20enne romeni che poco prima condividevano un appartamento di Mogliano Veneto. Il terzo, al pari degli altri, è stato individuato grazie alla collaborazione della squadra mobile di Piacenza. Mancava solo il quarto complice del sodalizio, ora finito anche lui in manette. O meglio, il 21enne romeno si trovava già in carcere per altri motivi a Piacenza, ma ora gli è stata notificata anche la nuova ordinanza di custodia cautelare. Sarebbe stato proprio lui a tenere in mano il coltello con cui ha minacciato Azzalin. A incastrare la banda, i cui componenti erano intercettati, i tentativi di aggiustare il tiro dopo che parte del materiale trafugato durante il colpo (un cellulare e un notebook) era stato trovato nell'appartamento di Mogliano Veneto dove i malviventi dimoravano.

Convocati in questura per rendere conto di quanto rinvenuto dalla polizia, i due si erano messi d'accordo sulla versione da fornire: quegli oggetti li avevano acquistati online. Senza quindi sapere della loro provenienza "scottante". Ad ascoltarli però c'erano proprio gli stessi investigatori che li aspettavano in questura. Dunque per loro non appena hanno messo piede nell'ufficio di polizia è scattata la notifica del fermo. Stesso destino il giorno seguente per F.H. a Piacenza. A mettere sulla buona strada gli investigatori non solo la collaborazione dei rapinati (anche se il volto dei delinquenti era parzialmente travisato) ma anche l'analisi dei tabulati telefonici, delle celle agganciate dai rispettivi telefonini e, naturalmente, le intercettazioni.

LA  VISITA DEL QUESTORE ALLA FAMIGLIA AZZALIN - La bella notizia il questore Angelo Sanna ha voluto portarla di persona alla famiglia Azzalin, ben felice di poter offrire un caffé al rappresentante della polizia e alla dirigente della squadra mobile Angela Lauretta: "Sono stati tutti professionali e soprattutto di una forte umanità - ha dichiarato Azzalin - Sono contento, non mi sarei immaginato che in tempo così breve chiudessero il cerchio. Noi abbiamo continuato la nostra vita normalmente, con qualche precauzione in più. Speriamo che il nostro non sia un caso isolato, visto che ci sono altri episodi di violenza tra Mestre e Marghera. Durante quei momenti abbiamo avuto una forte lucidità io e mia moglie, una sinergia perfetta senza poterci parlare. Abbiamo pensato di dover trasmettere ai nostri figli questo senso di sicurezza. Questa visita indica che il cittadino non è lasciato solo dalle forze dell'ordine. In quei momenti ho pensato solo a tenere la situazione calma, perché i miei figli di sopra stavano dormendo". Il questore ha sottolineato la bravura dei propri uomini: "I punti di forza di questo lavoro sono anche la sensibilità nel lavorare con le persone - ha dichiarato - Certamente verranno premiati. Ma per un poliziotto il premio più importante è la riconoscenza del cittadino".

Il colpo venne perpetrato alle 4.12 di mattina: "Ho sentito dei rumori provenire dalla stanza attigua, che usiamo come una specie di sgabuzzino. Pensavo fosse qualche mio figlio che non voleva disturbare accendendo la luce", raccontò a suo tempo Azzalin. Non era così. Erano i ladri: "Soldi, soldi, soldi", hanno ripetuto con accento dell'Est. Dopodiché l'aggressione: "Ho spiegato che eravamo a fine mese ed essendo una famiglia numerosa (sette figli, ndr) non avevamo molto. Gli ho consegnato i soldi che custodivamo". Alla fine sparirono anche tre computer portatili, due telefoni cellulari, un tablet e anche alcuni giacconi. "A un certo punto hanno chiamato il palo e hanno avuto un breve conciliabolo. Dopodiché sono saliti a bordo della nostra Fiat Punto e ci hanno detto di non fare nulla. Quando se ne sono andati abbiamo lanciato l'allarme". L'auto al tempo venne ritrovata in via Fratelli Bandiera, poco distante, anche in virtù del GPS collegato all'assicurazione.

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