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Cronaca Pianiga

Furti in magazzini di tutta Italia per 5 milioni, incastrati i maestri delle maxi razzie lampo

Colpi a ripetizione, 33 quelli accertati da luglio 2014. La merce, di ogni tipo, veniva poi forse immessa nel circuito regolare. 19 ordinanze di custodia, rischiano 30 anni di carcere

Colpi da centinaia di migliaia di euro a un ritmo impressionante: sono 33 quelli accertati dal luglio del 2014 in buona parte del Nord Italia e non solo, una media di uno ogni venti giorni. Un bottino che in tutto si aggira sui 5 milioni di euro, stando alle denunce. Dietro ai furti un piccolo esercito composto da almeno 19 predoni "professionisti": a tanto ammonta il numero di custodie cautelari firmate dal giudice, 16 quelle eseguite fino a questo momento. Quasi tutti gli arrestati sono originari di Cerignola, in provincia di Foggia, molti sono legati da vincoli familiari. Anzi, sono tre le famiglie finite nei guai. I tre "capi" secondo gli inquirenti sono G.C., 57 anni, che nella banda aveva anche figlio e cognato, G.C., 51 anni, con complici anche suoi due figli, R.D., 55 anni, che poteva contare su tre figli e un fratello. Lavoravano insieme: una macchina rodata nel tempo e molti erano dipendenti della società di copertura costituita ad hoc per muoversi in tutto il Nord Italia.  La retata è scattata all'alba di lunedì in diverse regioni italiane, al termine delle indagini condotte dai militari della compagnia di Chioggia, in collaborazione con la Dia. Il reato ipotizzato è di associazione per delinquere per la commissione di decine di furti: gli accusati rischiano ora fino a 30 anni di carcere.

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Presa la banda milionaria, furti a ripetizione

L’operazione si è sviluppata principalmente a cavallo dei territori di Foggia, Bologna, Lodi, Bergamo, Napoli e Bari. A mettere sulla strada giusta gli inquirenti un maxi furto di capi d'abbigliamento a luglio 2014 ai danni di Movimoda, ditta di stoccaggio di capi di abbigliamento di pregio nella zona industriale di Pianiga, per un valore di 200mila euro. La tecnica impiegata era sempre la stessa: la banda faceva scattare gli allarmi diverse volte, la prima entrando e spruzzando sul sensore una sostanza o trasparente o bianca, rendendo il sensore "cieco"; dopodiché un nuovo ingresso, se scattava un altro sensore uscivano e continuavano con lo spray. Di volta in volta tagliavano i cavi del sistema d'allarme e con un sistema "jammer" (disturbatore di frequenze) riuscivano a bloccare l'utenza telefonica dell'antifurto. Puntavano anche a minare le resistenze di proprietari e agenzie di vigilanza, dopo continui sopralluoghi senza riscontrare alcunché di anomalo. La mattina seguente, poi, si scopriva che il capannone era stato letteralmente svuotato.

I delinquenti erano veloci, scaltri e organizzati: entrava in azione una quindicina di persone che riempiva carrelli e borse. Poi entrava in azione il loro camion, veniva caricato e il colpo finiva. Una volta uscito il mezzo pesante era "staffettato": si muovevano con due auto davanti e due dietro. Sceglievano con cura gli obiettivi, controllavano i tempi di percorrenza delle forze dell'ordine per giungere sul posto. Ognuno aveva un compito preciso: chi era autista del camion (erano tre), chi doveva "staffettare", chi eseguire i sopralluoghi e controllare le telecamere (durante i giorni feriali). Dopo il furto di Pianiga i carabinieri hanno rilevato alcuni elementi utili, tra cui una forbice, uno scontrino proveniente da Nocera e, soprattutto, la targa di un camion. Grazie alla telecamera sono riusciti in controluce a risalire allo stemma cancellato del cassone, da lì al veicolo vero e proprio.

Una volta capito quale fosse la centrale operativa dei criminali (il magazzino ad Altedo, non lontano dal casello autostradale) sono riusciti a piazzare le telecamere, visto che nel weekend la struttura rimaneva sguarnita perché tutti tornavano a Cerignola dalle rispettive famiglie. Poi sono seguiti appostamenti, pedinamenti e intercettazioni: "Perché, un po' come per l'inchiesta Mose, abbiamo avuto pazienza - ha spiegato il procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio - non siamo caduti nella tentazione dello scoop mediatico immediato. I furti sono reati che minano l'intimità delle persone. Einaudi diceva che l'azienda è la 'continuazione della personalità dell'imprenditore'. Noi abbiamo la massima attenzione per questo tipo di reati".

I colpi accertati sono stati perpetrati in magazzini di diversa tipologia imprenditoriale (abbigliamento, scarpe, rubinetteria, fitofarmaci) per un valore totale della merce che si aggira sui cinque milioni di euro. Perquisizioni sono in corso per recuperare la refurtiva. Una ventina quelli avvenuti in Veneto (solo quello di Pianiga nel Veneziano), quindici in Emilia Romagna, uno nelle Marche, uno in Umbria. Oltre a quattro camion con rimorchi la banda aveva disponibilità di un mezzo pesante refrigerato (per un tentato furto di latticini nella zona di Parma): si appoggiavano ad un magazzino vicino all'uscita autostradale di Altedo (Bologna), sede di un'attività lecita di uno dei capi dell'organizzazione che si occupava di consegna di legna porta a porta. I bancali venivano svuotati e ricostituiti con bolle false, poi tutta la merce il giorno dopo finiva al Sud e veniva messa in vendita. Ora gli accertamenti, soprattutto della Dia, puntano a capire se finisse negli scaffali dei circuiti "ufficiali" di vendita o al contrario in una sorta di commercio parallelo. Gli obiettivi, infatti, non venivano scelti in base a qualche committente, bensì in base alla "fattibilità" del raid. Segno che la banda aveva la capacità di piazzare qualsiasi tipo di merce in poche ore: "Se non hai una organizzazione dietro su cui ora stiamo conducendo accertamenti - ha spiegato il colonello Roberto Zuliani, capo della Dia (Direzione investigativa antimafia) di Padova - è impossibile. Diventerebbe un problema per il ladro stesso".

Gli arrestati sono tutti già noti alle forze dell'ordine, tutti recidivi per reati contro il patrimonio. Un paio sono stati fermati in provincia di Lodi, tutti gli altri a Cerignola. Trovato anche denaro contante, oltre ad una serie di pompe idrauliche frutto di un'incursione ad una ditta di produzione mosto in provincia di Padova: valore 80mila euro. Recuperate inoltre quasi 3500 batterie per auto trafugate da una ditta della provincia di Verona, per un valore di 300mila euro. La banda di fatto si era dotata di un autonomo sistema logistico di trasporti che vedeva anche l'impiego di cinque autocarri (alcuni oggetto di furto), ai quali venivano sostituite le targhe, e di una decina di auto, tutti mezzi sequestrati dai militari per un valore di oltre 500mila euro.

"Sgominare una banda di una ventina di persone, responsabile di decine crimini che hanno fruttato 5 milioni di euro di bottino è un successo fuori dall’ordinario - commenta Luca Zaia, presidente del Veneto - Bel colpo, una botta pesante a malfattori organizzati e spregiudicati, ma anche una botta di fiducia per la gente per bene e per chi crede nella legalità. Complimenti e grazie ai carabinieri del Veneto, alla compagnia di Chioggia e alla Procura di Venezia, per aver tolto dalla strada parecchi delinquenti in una volta sola”.

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