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Cronaca

Salumi cancerogeni? Tutti a fare scudo: "La sopressa non si tocca"

Il presidente del Veneto Zaia in trincea: "Non è come un hot dog". Coldiretti e Cia Venezia: "Le nostre carni di qualità, non come all'estero"

Dopo l'annuncio dell'Oms, secondo cui le carni lavorate sarebbero da considerare alimenti cancerogeni (inserite nella stessa categoria dell'amianto e del tabacco) e le carni rosse "probabilmente" cancerogene, è scattata subito la difesa dei prodotti della gastronomia veneta, piena di salumi prelibati. Tutti a fare scudo perché "la sopressa non si tocca", anche perché di soldi il settore ne fa girare tanti.

ZAIA - Sull'argomento è intervenuto anche il presidente della Regione Veneto. "La sopressa e il salame nostrani non sono un hot dog - ha dichiarato - Una comunicazione sbagliata nei tempi e nei modi, quanto tarata sulle schifezze americane altrimenti note come junk food, ha creato un allarme assolutamente ingiustificato. Qui le carni hanno un percorso di verifica di qualità rigorosissimo, che garantisce la salute della gente. Consumate con equilibrio e nella giusta quantità, come peraltro tutti i cibi e le bevande di questo mondo, le carni venete sono un alimento salutare e nutritivo". 

Su una linea simile anche la Coldiretti del Veneto, secondo cui "è stata lanciata una campagna a dir poco denigratoria nei confronti del lavoro degli imprenditori zootecnici e fuorviante per il consumatore italiano". L'associazione, che si dice preoccupata per un settore chiave per l'economia del Veneto, sottolinea come le carni italiane siano "più sane, perché magre, non trattate con ormoni, a differenza di quelle americane, e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione "Doc" che assicurano il benessere e la qualità dell'alimentazione degli animali. E per gli stessi salumi si segue una prassi di lavorazione di tipo 'naturale' a base di sale. Non a caso il nostro Paese vanta il primato a livello europeo per numero di prodotti a base di carne "Doc", ben 40 specialità di salumi che hanno ottenuto la denominazione d'origine o l'indicazione geografica". Coldiretti parla di "ennesimo falso allarme che non riguarda le nostre produzioni" e preme perché si acceleri "nel percorso dell'obbligo di etichettatura d'origine per tutti gli alimenti, a partire dai salumi".

CIA VENEZIA - Sulla stessa lunghezza d'onda il vicepresidente Matteo Boso, secondo cui serve evitare "allarmismi ingiustificati sul consumo di carne. È l'abuso ad essere pericoloso. La ricerca - continua Boso - dice che la carne rossa è "probabilmente" cancerogena, mentre l'evidenza è diversa per i prodotti lavorati, trattati. Ma è la stessa ricerca a dire che la carne rossa contiene anche proteine e micronutrienti importanti (come la vitamina B, il ferro e lo zinco), fondamentali dal punto di vista nutrizionale. Non è accettabile considerare un alimento cancerogeno tout-court".

Il settore zootecnico riveste un peso importante nell'economia della regione: "Il 90-95% della produzione di carne rossa avviene in pianura Padana: Veneto, Lombardia, Piemonte, e in parte Emilia Romagna. In Veneto le aziende zootecniche sono poco più di un migliaio, con 10mila addetti e 450mila capi prodotti l'anno. Economicamente, solo nella nostra regione, ammonta a più di 760 milioni di euro l'anno il valore della produzione lorda vendibile. Non vorremmo - conclude il vicepresidente di Cia Venezia - che partisse una campagna di terrorismo psicologico che rischia di mettere in ginocchio le nostre aziende: gli esperti e i medici stanno invitando al buon senso, noi produttori non possiamo che associarci a questo invito".

CONFAGRICOLTURA - Il presidente per la sezione economica del Veneto Luigi Andreetta afferma che sono corretti i dati riportati dall'Oms, ma è necessario saperli leggere. "Lo studio - ha specificato - indica il consumo di 100 grammi al giorno per la carne rossa e 50 grammi al giorno per quella trasformata come condizione per un aumento, comunque modesto, del rischio alimentare che è molto lontano a quello del nostro Paese. Infatti - ha proseguito - gli italiani consumano 300 grammi di carne rossa in una settimana, ciò significa che i dati oggetto dello studio prendono in esame un consumo doppio di quello nostro. Inoltre, le carni prese in esame sono diverse da quelle italiane e venete perché diverse sono le razze, come diversa è l'alimentazione animale, i metodi di allevamento e l'età della macellazione che fanno sì che la nostra carne abbia caratteristiche nutrizionali e contenutistiche differenti, come una percentuale di grasso molto inferiore.

REGIONE VENETO - L’assessore regionale all’agricoltura Giuseppe Pan ha specificato come siano state avviate da tempo delle comunicazioni corrette, per informare i consumatori veneti su quello che acquistano e mangiano, ribadendo che la carne allevata, macellata e confezionata entro i confini regionali non è pericolosa, e anzi offre qualità garantita e certificata. “Trovo ingiustificato e improvvido questo allarmismo - ha commentato Pan - perché non informa correttamente e non tiene conto delle diverse lavorazioni e filiere di produzione. La filiera zootecnica veneta - ha sottolineato - rispetta da anni appositi disciplinari e controlli di qualità ed è impegnata a garantire ai consumatori la massima sicurezza in tavola.

La Regione ha creato dal 2012 il marchio QV, Qualità Verificata, che certifica vitello ai cereali, vitellone e scottona ai cereali, regolandone allevamento, alimentazione e macellazione secondo precisi protocolli di qualità. Comunicazioni allarmistiche - ha concluso - non devono disorientare i consumatori: la salute si difende ogni giorno con una dieta bilanciata e attraverso una corretta e attenta selezione dei prodotti che mettiamo sulle nostre tavole”.

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