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Cronaca

Prezzo della casa fasullo, la differenza se l'intasca il capo: evasi 17 milioni

Un gruppo di costruzione e vendita immobili con sede a Mira dal 2003 al 2007 avrebbe incassato in nero somme ingenti, che poi finivano nei conti correnti dei parenti del rappresentante legale

Il metodo era collaudato e aveva fruttato in circa quattro anni 17 milioni di euro non dichiarati. Una piccola fortuna finita in undici conti correnti dei familiari del rappresentante legale di un'importante gruppo di realizzazione e vendita di appartamenti con sede a Mira. I militari della guardia di finanza di Mirano, in due anni di indagini, hanno messo nel mirino cinque società riconducibili al gruppo, scoperchiando una condotta illecità cui si devono aggiungere anche 370mila euro di Iva non pagata.

Le Fiamme Gialle hanno passato al setaccio i rendiconti bancari dei parenti, evidentemente insospettiti dall'ingente mole di denaro depositata che non corrispondeva alle attività lavorative degli intestatari. Il modus operandi era a suo modo semplice: al cliente veniva fatto stipulare un regolare preliminare di acquisto dell’immobile contenente l’indicazione del prezzo effettivo da corrispondere, dietro versamento di un acconto.

Nei giorni immediatamente precedenti la stipula del rogito davanti a un notaio, il cliente veniva contattato telefonicamente da un incaricato delle società ed “esortato” a portare con sé il preliminare originario e a predisporre, oltre che uno o più assegni bancari intestati alla società, altri assegni circolari intestati “a me medesimo”. Poi, il più delle volte negli uffici del gruppo, avveniva lo scambio: il cliente consegnava il preliminare originale, e a lui ne veniva dato uno identico, solo con una cifra inferiore rispetto a quella giusta.

In questo modo l’incaricato ritirava sia gli assegni intestati alla società venditrice, per l’importo corrispondente a quello successivamente fatturato, sia quelli con l’intestazione “a me medesimo” pari alla differenza tra il prezzo “reale” e quello dichiarato. L'acquirente sulla differenza non pagava l'Iva. Con questo meccanismo risparmiavano tutti, meno l'Erario.

Al momento dell'incasso i soldi intestati a "me medesimo" non finivano nel bilancio del gruppo, ma venivano depositati negli undici conti correnti dei parenti del rappresentante legale, che non avevano niente a che fare con le società. Dal 2003 al 2007, quando questa condotta si sarebbe conclusa, è stata accertata dalla guardia di finanza un'evasione di 17 milioni di euro.

A carico dei quattro imprenditori finiti nella rete degli inquirenti è stato contestato il reato di associazione a delinquere finalizzato all'evasione fiscale. I familiari del rappresentante legale del gruppo, invece, dovranno rispondere di riciclaggio. Si tratterebbe di due persone. Guai anche per i titolari delle filiali degli istituti di credito dove finiva questo fiume di soldi (non appartenenti a un unico gruppo bancario), cui è stata contestata l'omessa segnalazione per operazioni sospette per un ammontare ci circa 1,6 milioni di euro.

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