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Cronaca Caorle / Viale Madonna dell'Angelo

Furti nelle chiese, ladri individuati: rubarono alla Madonna dell'Angelo di Caorle

Tre persone denunciate dai carabinieri della stazione di Lendinara (Rovigo). L'episodio nel 2016, i malviventi si erano specializzati in raid negli edifici religiosi

Al tempo il raid nella chiesa della Madonna dell'Angelo fece scalpore. L'edificio religioso simbolo di Caorle venne profanato e saccheggiato, con una statua deturpata e le offerte dei credenti sparite. Era il dicembre del 2016 e i danni furono quantificati in 5mila euro. Ora si scopre, al termine di un'indagine condotta dai carabinieri della stazione di Lendinara (Rovigo), che dietro all'incursione c'era la mano di una banda di ladri specializzata in furti del genere. In tre sono stati denunciati perché sospettati di essere i responsabili di una serie di colpi in chiese delle province di Venezia, Treviso, Rovigo e Verona, tutti messi a segno nel 2016, per un bottino totale quantificato in circa 50mila euro.

I furti: rubati monili ed ex voto

Si tratta di tre cittadini romeni: G.D.C., 39 anni, I.R.S. (27) e I.C.B. (25), residenti in provincia di Pisa ma attualmente irreperibili. Il primo degli episodi risale al 5 giugno 2016, ai danni della Basilica della Madonna del Frassino di Peschiera del Garda (Verona). Seguirono un tentato furto alla Basilica della Madonna del Pilastrello di Lendinara (Rovigo) e un altro episodio a Peschiera. Il 3 dicembre 2016 i malviventi entrarono in azione al Santuario della Madonna dei Miracoli di Motta di Livenza (Treviso). Il 12 dicembre tornarono alla Madonna del Pilastrello, infine il 15 dicembre toccò alla chiesa di Caorle.

«Atti barbari»

Per l'operazione si è congratulato il presidente della Regione, Luca Zaia: «I miei complimenti ai carabinieri per aver individuato i responsabili. Mi auguro che gli autori di queste barbare profanazioni, che hanno violato luoghi cari ai veneti come il santuario di Caorle, quello di Motta di Livenza e la Madonna del Frassino di Peschiera, siano presto assicurati alla giustizia». Al tempo il governatore aveva auspicato che «questi barbari vengano arrestati al più presto e che venga loro comminata la pena più dura possibile, comunque insufficiente perché non esiste una pena per la violazione dei sentimenti delle persone e del rispetto per un simbolo amatissimo di religiosità e di storia locale».

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