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Cronaca

Rapine, droga, furti: negati dodici arresti, ricorso della procura

Una banda italo-albanese di cui farebbero parte alcuni nomi noti. Tre anni di indagini della squadra mobile, diciannove indagati. Il gip non riconosce l'associazione a delinquere

Diciannove indagati, dodici ordinanze di custodia cautelare chieste dalla procura ma negate dal gip del tribunale di Venezia. È cominciato ieri, con la prima udienza, l'appello al tribunale del Riesame presentato dal pm Lucia D'Alessandro per mandare in carcere alcuni tra gli esponenti di una banda che negli ultimi anni avrebbe messo a segno almeno due rapine e commesso dei furti di auto, oltre ad aver gestito un traffico di droga. Un gruppo di cui fanno parte anche nomi noti della criminalità veneziana, come Alessandro Duse, 56enne di Marcon che da giovane gravitava al Tronchetto e che adesso sta scontando una pena per l'assalto al portavalori di Torre di Quartesolo del 2011. Duse, stando alle indagini, avrebbe fornito le auto con le quali sarebbero state commesse le rapine, commissionando a un altro indagato di rubarle.

I nomi noti della criminalità veneziana e le rapine

L'indagine della squadra mobile è cominciata tre anni fa, dopo la rapina a Marghera a una guardia giurata che venne derubata della pistola da due uomini armati. Era il febbraio del 2015. Qualche mese dopo, ad agosto, ci fu un altro colpo a Fusina: il terminal venne razziato da tre banditi anche in questo caso armati. Le verifiche della squadra mobile avevano portato a un capannone di Quarto d'Altino, dove erano state trovate delle armi, e soprattutto all'arresto di due dei tre rapinatori: Stefano Letizia (difeso dall'avvocato Mauro Serpico, ha già scontato la pena ed è libero) e Nicola Corradin (attualmente in carcere). Quest'ultimo avrebbe reso delle dichiarazioni chiamando in causa anche Alessandro Lovisetto, ucciso a San Donà da Silvano Maritan, ex della Mala del Brenta. Secondo Corradin, Lovisetto avrebbe partecipato ai colpi. È possibile che ci sia un collegamento anche con l'assalto alla motovedetta della Civis del luglio 2013 lungo il canale della Scomenzera ma, per adesso, la procura non ha fatto riferimento a questa rapina nella richiesta delle misure cautelari.

La collaborazione del boss dell'Acquasanta di Palermo

Alla banda, poi, l'accusa ha contestato anche un traffico di droga. Una piccola attività della quale si sarebbe occupato anche Duse, secondo gli investigatori, insieme ad altri tra cui Andrea Rizzi, fratello di Maurizio e Massimo che vennero uccisi dalla Mala del Brenta. Rizzi qualche settimana fa era stato trovato senza vita a San Polo, dopo essere caduto in acqua. All'indagine ha collaborato anche Vito Galatolo, boss dell'Acquasanta di Palermo, che ha fornito delle informazioni alla procura. 

Il ricorso al Riesame

I dodici per i quali il pm D'Alessandro ha chiesto un'ordinanza di custodia cautelare, con una richiesta di oltre mille pagine, almeno per adesso rischiano di non finire in carcere. Una delle motivazioni che hanno spinto il gip Barbara Lancieri a negare le misure è che gli elementi raccolti dagli investigatori non sono sufficienti a dimostrare che la banda si configuri come una vera e propria associazione a delinquere. Alcuni indagati, poi, sono già in carcere e per altri manca l'attuale esigenza cautelare. Dopo la prima udienza di ieri ce ne sarà una seconda il 3 ottobre ma, anche nel caso in cui la procura vincesse il ricorso, l'ultima parola spetterà alla Cassazione.

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