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Cronaca San Marco / Piazza San Marco, 1

"Il Natale rende umani e accende la speranza, non riduciamo tutto alle luci e ai regali"

Si è celebrata alle 10.30 nella basilica di San Marco la tradizionale messa di Natale, presieduta dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. Alle 13 il pranzo con i poveri

Non è Natale senza la solenne celebrazione della domenica mattina a San Marco. Si è svolto alle 10.30 di domenica il Pontificale del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, poche ore prima di un appuntamento che si è ripetuto per il quinto anno consecutivo e ha visto proprio il religioso in prima linea: il pranzo di Natale con i poveri, le persone in difficoltà e senza dimora, che frequentano abitualmente le mense cittadine di Mestre. Una ricorrenza che sta molto a cuore a Moraglia, che proprio negli ultimi giorni è stato protagonista di una polemica a distanza con il primo cittadino veneziano Luigi Brugnaro, che ha palesato l'intenzione di spostare le mense cittadine dalle attuali sedi di Mestre. Un'idea che ha preso corpo per limitare il degrado nel salotto buono della città, ma che il patriarca ritiene inaccettabile, una vera e propria ghettizzazione.

IL PRESEPE AL CENTRO DELLE FESTE. "È triste che a Natale, dinanzi all’invito di Dio all’accoglienza e all’ospitalità, qualcuno, e tra questi c’è anche chi si dice cristiano, possa vedere nel Bambino di Betlemme un pericolo, una prevaricazione e, quindi, ad esempio si dichiari contro il presepio. Anche così si alzano i muri, offendendo la sensibilità di molti. È difficile comprendere come non si capisca il messaggio d’accoglienza, fraternità e apertura che viene proprio dal Bambino e dal presepio. Altri, invece, si pongono contro il presepio in nome di una laicità che non si fonda sulla vera e piena libertà dell’uomo che, ovviamente, riguarda anche la sfera religiosa. Siamo qui di fronte, quindi, ad un’idea di laicità che è una forma di laicismo secondo cui la religione deve essere chiusa all’interno della coscienza o del privato. C’è, infine, chi scorge nel presepio l’espressione di una festa sacrale del mondo e che deve, perciò, trasformarsi nella più 'politicamente corretta' festa delle luci o festa d'inverno o di babbo gelo".

RELIGIONE E ACCOGLIENZA. "Ad ogni modo - ha continuato Moraglia - risulta difficile scorgere nel presepio e poi, per estensione, nel crocifisso simboli d’intolleranza o prevaricazione religiosa, culturale, etnica che ostacolano l’accoglienza e l’integrazione. Al contrario, se si riflette in modo obiettivo e non ideologico, si vede come è proprio grazie al presepio e al crocifisso, a ciò che esprimono, che in Occidente, e in modo particolare in Italia, è cresciuta una società capace d’accoglienza, di inclusione e di laicità vera. Ma l’Europa oggi, innanzi alla questione dei migranti si mostra insensibile, ben altra attenzione mostra alle questioni economiche e finanziarie. Qui l’Italia appare sempre più isolata e questo dà vero dispiacere  ma anche un senso di grande fierezza. L’accoglienza e la disponibilità non sono mai frutto del caso. Proprio in questi frangenti l’Italia esprime, nonostante il secolarismo diffuso, una cultura che s’ispira con forza al Vangelo e, quindi, rende vive quelle opere di misericordia spirituali e corporali che più volte Papa Francesco ha richiamato nel corso dell’anno della Misericordia. La cultura dell’accoglienza è davvero viva nella nostra gente anche perché, nella sua storia, il nostro stesso popolo ha conosciuto le strade faticose della migrazione".

"Il Natale cristiano è Dio che entra nella storia per salvarla. Così, da una parte, Egli attira e suscita vicinanza, dall’altra respinge e crea lontananza. Alla presenza di Maria, di Giuseppe, dei pastori si contrappone l’assenza dei potenti, degli appagati e sazi della vita, di coloro che si sentono già salvi. Non vi sono i potenti e i poteri forti del tempo, quelli che, come il fariseo, si consideravano superiori agli altri uomini e ringraziavano Dio perché non erano peccatori; così, a Betlemme, non troviamo il potere imperiale di Roma o la teocrazia di Israele. Il Natale non si può ridurre al fascino delle luci, dei suoni e dei regali perché, in tal modo, verrebbe non solo svilito ma tradito. Il Natale non può accendersi e spegnersi con le luci di una notte, ma chiede d’esser testimoniato lungo l’intero anno facendo nostro l’interesse che Dio ha per l’umanità. Il Natale ci rende più umani e accende in noi la speranza, che non è un indeterminato desiderio di futuro ma è l’attesa certa di un compimento già iniziato seppur non ancora compiuto.

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