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Cronaca

I Serenissimi a quindici anni dal blitz di San Marco: "Non è cambiato nulla"

Andrea Viviani, 40enne, fece parte della "spedizione": "Non rifarei quel gesto, ma non rimpiango nulla perché il messaggio andava dato ed è stato dato. Sappiamo che la gente ci crede"

No, l'assalto al campanile di San Marco non lo rifarebbe; ma le ragioni di quel gesto che 15 anni fa accese i fari del mondo sul 'venetismo' le considera ancora valide. Andrea Viviani era parte di quel gruppo che la notte tra l'8 e il 9 maggio 1997 'occuparono' Piazza San Marco con un improbabile blindato, per poi barricarsi nel campanile issando i vessilli della Serenissima e per chiedere la libertà del Veneto da Roma.

L'assalto a Venezia, con un tanko trasportato in piazza dirottando un traghetto e nelle borse pane e salame per resistere all'assedio nel campanile, era stato compiuto da un commando di otto persone che con quel gesto eclatante da "ragazzi della via Pal", mentre in casa Lega si parlava di Padania e di secessione, e con la quale non erano proprio in sintonia, voleva dare realtà a uno spirito 'venetista' che si ispirava ai valori della vecchia Repubblica dei Dogi.

"Da allora non è cambiato nulla - dice oggi Andrea Viviani, 40 anni metalmeccanico, che quel giorno era con gli altri sette -; certo non rifarei quel gesto ma non rimpiango nulla perché il messaggio andava dato ed è stato dato. A distanza di 15 anni continuo a fare politica - sottolinea, che con l'altro 'Serenissimo' Luca Peroni ha fondato un gruppo che si richiama alla Repubblica Serenissima - ma non serve più cercare la ribalta, perché che il Veneto abbia bisogno di attenzione e che sia un territorio, una realtà diversa dalle altre, è diventata un'evidenza".

Peroni e Viviani, con Gilberto Buson, Cristian e Flavio Contin, Antonio Barison, Moreno Menini e Fausto Faccia diedero vita all'azione a Venezia - un blitz che durò poche ore - con il concorso dello stratega Luigi Faccia e dell'ideologo Giuseppe Segato (morto nel 2006). Il sogno era quello di restituire il Veneto ai suoi antichi splendori; un desiderio coltivato per tanto tempo, visto che solo per costruire il tanko dedicato a Marcantonio Bragadin ci misero 10 anni. Una "rivolta preparata negli anni con incontri 'carbonari' nei paesetti delle cinture urbane di Padova, Vicenza e Verona raccogliendo un certo proselitismo, quanto omertoso e sciolto in un baleno, quando i "Serenissimi" furono arrestati.

Tutti sono stati processati e hanno pagato il conto con la giustizia, ma c'é chi tra loro gira ancora per le piazze paesane e partecipa alle feste 'venetiste' ricordando l'assalto. Così si scopre che il blitz doveva essere fatto l'11 maggio, in occasione del 200esimo anniversario della caduta di Venezia per mano napoleonica, ma il fiato sul collo delle forze dell'ordine portò ad anticipare l'azione. D'altra parte, prima ancora dell'assalto, i "Serenissimi" avevano fatto irruzione, via etere, nei tg della Rai disturbando, per mesi, le trasmissioni inviando messaggi a favore del "Governo Veneto".

"Con gli altri ci sentiamo e ci si vede anche - dice Viviani - ma politica non ne fanno più. Vanno alle feste, ricordano quei giorni, ogni tanto fanno uscire dal capannone il tanko che hanno riscattato all'asta giudiziaria ma nulla più. Luca e io invece - aggiunge, riferendosi anche a Peroni - non abbiamo mai smesso di fare qualcosa per la nostra terra perché sappiamo che la gente ci crede ed è tanta, noi guardiamo alla volontà del popolo, questo è il nostro modo di fare politica non quello dei partiti". (Ansa)

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