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Cronaca

Galan finisce ai domiciliari, i legali: "Per uscire accetta l'inaccettabile"

Il gip ha approvato la richiesta degli avvocati dell'ex presidente del Veneto, che lascia il penitenziario di Opera: 34 mesi di reclusione

Come ampiamente atteso il Gip di Venezia Giuliana Galasso giovedì mattina ha firmato il provvedimento che permette all'ex presidente del Veneto Giancarlo Galan di finire agli arresti domiciliari. L'ufficialità è arrivata dall'avvocato difensore dell'ex Doge Antonio Franchini. Ad attendere l'ex governatore all'uscita dal carcere di Opera, dove era stato trasferito a luglio dopo un voto del Parlamento che approvò la richiesta di arresto formulata dalla Procura di Venezia per corruzione nelll'ambito dello scandalo Mose, la moglie. Dopodiché il trasferimento nella "famosa" villa di Cinto Euganeo, dove Galan è arrivato verso le 17.30  bordo di un suv. Dietro l'auto della moglie. Subito gli è corsa incontro la figlia, urlando di gioia. Una carezza al labrador e un abbraccio a lei. Poi l'ingresso nell'abitazione, di fronte al quale sono volate spesso frasi arrabbiate da parte di qualche concittadino che, transitando su una pista ciclabile vicina all'abitazione, ha scandito più volte la parola "ladro".

I suoi legali difensori mercoledì mattina avevano presentato in Procura a Venezia l'istanza, chiedendo per il loro assistito una pena concordata di due anni e dieci mesi di reclusione e la confisca di 2,6 milioni di euro.

MOSE: TUTTI I DETTAGLI DELLO SCANDALO

Secondo la Procura, che aveva accolto la richiesta di Galan, l'ipotesi di pena sarebbe congrua. "La sanzione complessiva risponde infatti - secondo il procuratore Luigi Delpino e il procuratore aggiunto Carlo Nordio - al fondamentale criterio di rieducazione contenuto nell'articolo 27 della Costituzione, e ai criteri di ragionevolezza ed economia processuale che hanno ispirato il legislatore a introdurre l'istituto del patteggiamento".

Per l'inchiesta Mose sono una ventina i patteggiamenti attesi per il 16 ottobre, sul totale di 35 indagati. Uno solo finora è stato respinto, quello dell'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (pena incongrua), il primo a chiederlo dopo che era stato ai domiciliari per finanziamento illecito dei partiti. I legali di Galan avrebbero chiesto che l'udienza sul suo patteggiamento si tenga nello stesso giorno degli altri.

"PUR DI USCIRE HA ACCETTATO L'INACCETTABILE" - Giancarlo Galan "ha accettato l'inaccettabile perché non ce la faceva più a rimanere imprigionato". A sottolinearlo il collegio difensivo dell'ex presidente della Regione Veneto, composto dagli avvocati Franchini e Ghedini, che hanno comunque precisato come Galan abbia "ribadito ai propri difensori e nella istanza di patteggiamento la propria innocenza, con particolare insistito riguardo alla pretesa dazione di un milione all'anno rinveniente dalle dichiarazioni di Mazzacurati, le cui reali condizioni di salute, recentemente emerse, gettano una luce inquietante sulle dichiarazioni di 8 mesi or sono, particolarmente confuse e contraddittorie".

La decisione dell'ex presidente del Veneto ed ex ministro è arrivata "dopo sofferta riflessione" e "solo per la difficoltà di proseguire lo stato di carcerazione e per poter riabbracciare la propria famiglia con particolare riferimento alla piccola Margherita". Il patteggiamento, arrivato anche "in considerazione delle gravi condizioni generali del proprio cliente, ristretto nel carcere di Opera dal 22 luglio, ove ha subito un calo ponderale di ben 22 chili, presentando altresì spunti depressivi tali da determinare la necessità di visita psichiatrica e innanzi alla sicura prospettiva della richiesta di giudizio immediato che avrebbe provocato una ulteriore protrazione della custodia cautelare in carcere per ulteriori sei mesi per poter processare Giancarlo Galan come detenuto", prevede la prescrizione per tutti i reati fino al 22 luglio 2008, 2 anni e mesi 10 per i residui reati contestati, confisca per il valore di 2.600.000 euro sulla casa di Cinto Euganeo rispetto a un sequestro disposto per 4,85 milioni.

"Il Collegio di Difesa osserva amareggiato che ancora una volta il carcere preventivo produce danni, a volte irreversibili, su persone non ancora giudicate e auspica che il legislatore intervenga ancora una volta per delimitare in maniera drastica questo istituto la cui applicazione pratica e giurisprudenziale suscita sempre maggiori riserve e critiche: un uomo sottoposto a processo non puo' serenamente decidere il proprio futuro processuale e la propria vita futura in una condizione di soggezione che deriva dalla privazione della liberta' personale per lunghi periodi senza potersi difendere in stato di libertà", conclude la nota dei due legali.

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