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Cronaca

"Alla Biennale uno spazio tutto nostro", ambientalisti contro la mostra sul Mose

Lettera aperta ai curatori della kermesse: "Prevista un'esposizione, che disturba non poco, sui progetti Iuav-Cvn negli spazi Thetis. Chiediamo per par condizio un'area autogestita"

"Sarebbe un'occasione di riscatto morale, quella mostra dà fastidio a molti". Il Mose continua a far parlare di sé e questa volta non per aspetti ingegneristici o per questioni giudiziarie: ad accendere la miccia, in una lettera aperta inviata tra gli altri ai curatori della Biennale Architettura 2018, al rettore dello Iuav e ai commissari del Consorzio Venezia Nuova, sono state le associazioni AmbienteVenezia e comitato No Grandi Navi, oltre al Laboratorio Morion e SaLe Docks. Nella missiva si chiede la possibilità di poter contare nell'ambito della prossima Biennale, di concerto con lo Iuav, di no spazio autogestito per esporre "gli innumerevoli studi e progetti alternativi al Mose e le critiche alla grande opera, nonché i materiali d'epoca su mobilitazioni e proteste". 

Una mostra che "disturba"

A indurre ambientalisti e no global a lanciare questa idea la notizia che negli spazi Thetis dell'Arsenale "sarà allestita una mostra sui progetti, non realizzati né finanziati, presentati dallo Iuav nel 2004 volti a mitigare l’impatto ambientale delle opere alle bocche di Porto: progetti che all’epoca l’allora Assemblea Permanente NoMose definiva “le mutande del Mose”. Si tratterebbe, secondo i mittenti, di progetti realizzati solo in parte "(alcuni anche bocciati dalla Soprintendenza) che avrebbero dovuto abbellire l’ecomostro e che costituivano il contenuto di una maxi convenzione da 650mila euro, soldi pubblici, tra Cvn e Iuav, con la quale gli ambientalisti e attivisti dell’epoca sostenevano che l'ex presidente Giovanni Mazzacurati si era in qualche modo accaparrato il consenso dell’ateneo veneziano". 

"Uno spazio nostro per par condicio"

L'iniziativa non va giù alle associazioni, tanto da chiedere una sorta di spazio per "par condicio": "Sarebbe un'occasione di riscatto morale e scientifico per le importanti istituzioni culturali veneziane - si conclude nella lettera - che, all’epoca, invece di stimolare il confronto e il dibattito in città, si piegarono al potere criminale del Consorzio Venezia Nuova".

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