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Cronaca San Donà di Piave / Piazza Indipendenza

Omicidio Lovisetto, Maritan in Tribunale. Il testimone: "Non erano fendenti per uccidere"

Lunedì ascoltati alcuni teste in merito al delitto del novembre 2016 a San Donà: "Fu Maritan a estrarre il coltello". Ascoltata anche la compagna della vittima, ex del "Presidente"

"Erano dei fendenti 'minatori'. Avevano l'obiettivo di intimidire". Lunedì Silvano Maritan, l'ex braccio destro di Felice Maniero, a 69 anni ha rimesso piede in un'aula di Tribunale. Davanti ai giudici togati e popolari della Corte d'Assise deve rispondere dell'omicidio avvenuto il 13 novembre 2016 di Alessandro Lovisetto, 53enne di Musile di Piave. Il delitto (secondo la Procura volontario) in pieno centro a San Donà, di sera, a due passi dal Caffè letterario. Le parti hanno ascoltato in mattinata i carabinieri intervenuti quella sera e i testimoni oculari che hanno assistito al diverbio tra Maritan e Lovisetto. Il processo ruota soprattutto su quei minuti in cui vittima e omicida, rappresentato dal legale Giovanni Gentilini, si sono fronteggiati: un'aggressione a senso unico? Una lite? Il fendente al collo risultato fatale è partito per errore o senza la volontà di uccidere? "Io ho visto quel fendente partire e all'andata colpire la guancia della vittima - ha dichiarato uno dei teste - poi i due se ne sono andati ognuno per la sua strada". 

La ferita fatale

In verità, in qualche modo, la lama aveva attinto al collo Lovisetto ,che si è allontanato in direzione opposta a quella di Maritan per poi collassare dopo qualche metro: "Dal momento del fendente i due non si sono più affrontati - ha sottolineato il giovane testimone, che si trovava lì con un amico - ma il faccia a faccia è durato a lungo, circa 7 minuti. A un certo punto Maritan ha estratto il coltello è ha sferrato una decina di fendenti. L'altro cercava ogni volta di allontanare il braccio del suo interlocutore. I due si allontanavano e poi si riavvicinavano, ma tutto nel raggio di 3 metri". 

Maritan: "Mi sono difeso"

A suo tempo Maritan dichiarò di essere stato colpito da un paio di pugni da Lovisetto e per questo motivo aveva perso gli occhiali a terra: "La lite è stata 'statica' - ha continuato il teste - I due erano molto instabili, la prima cosa che ho pensato è che fossero entrambi ubriache. Mi ricordo che è una persona ha perso l'equilibrio, ma non che sia caduta a terra. Mi ricordo che Maritan ha perso gli occhiali qualche minuto dopo aver estratto il coltello. Lovisetto cercava di difendersi e allontanare la lama, ma non tirava calci e pugni". 

Aggressione o difesa?

Il punto è proprio questo: da una parte Maritan dichiara che il fendente fatale sarebbe partito per difesa, con la vista annebbiata dal fatto di non avere gli occhiali, la Procura invece contesta l'omicidio volontario (con in più il reato di "porto abusivo di armi", visto che Maritan aveva con sé la lama mentre era sottoposto al regime di sorveglianza speciale). "Dopo una decina di minuti dalla rissa sono tornato alla corte del Caffè Lettarario - ha concluso il testimone - Maritan era lì vicino. L'abbiamo raggiunto e gli è stato detto, non da me, di fermarsi che stavano arrivando i carabinieri. Lui in maniera pacata ha risposto che doveva andare via. Guardava a terra come se stesse cercando qualcosa. Aveva i vestiti sporchi di sangue ma era tranquillo". Poi i militari dell'Arma hanno effettivamente bloccato il "Presidente", come veniva chiamato ai tempi della Mala del Brenta, poco più in là. Stringendogli le manette ai polsi. L'avvocato Andrea Faraon rappresenta invece i tre figli di Lovisetto, che si sono costituiti parte civile nel processo. Sono stati chiesti 500mila euro di risarcimento per ciascuno.

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