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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Certificato medico ai richiedenti asilo in tribunale, levata di scudi: "È discriminazione"

Il protocollo del foro veneziano datato 6 marzo è accusato di pregiudizio nei confronti dei migranti. Presenti altri punti controversi, come l'audizione senza assistenza dell'avvocato

Un certificato medico per dimostrare che il ricorrente non sia affetto da malattie infettive. Lo richiede il tribunale di Venezia nel "protocollo sezione immigrazione" dedicato alle udienze di coloro che si oppongono al rifiuto alla richiesta di protezione internazionale. Il documento - come riporta Il Corriere del Veneto - è stato firmato il 6 marzo dalla presidentessa del tribunale Manuela Farini e da quello dell'Ordine degli avvocati, Paolo Maria Chersevani, ed è stato seguito da una scia di polemiche perché definito discriminatorio nei confronti dei richiedenti asilo. A contestarlo sono Magistratura democratica, Giuristi democratici, l’Asgi (l’associazione dei legali che si occupano di immigrazione) e una trentina di avvocati veneti specializzati.

"Violazioni inesistenti in altri tipi di giudizio"

In sostanza il nuovo protocollo imporrebbe ai difensori dei migranti di comunicare al giudice eventuali malattie infettive del proprio assistito e a chiedergli di produrre un certificato che dimostri l'assenza di rischio di contagio. Una pratica che, secondo i contestatori, viola la privacy dei ricorrenti costringendoli a rivelare dati sensibili, e che infatti non esiste in nessun altro procedimento giudiziario. Senza dimenticare che i richiedenti asilo sono già sottoposti a rigidi controlli sanitari.

Niente intervento del difensore all'udienza

E non è l'unico punto controverso del documento. Un'altra voce prevede che l'audizione del ricorrente sia condotta esclusivamente dal giudice, senza l'intervento del difensore. Anche questo sarebbe un modo di procedere, dicono gli avvocati, che non si è mai visto, in contrasto con il diritto di difesa e con le direttive europee. "Il richiedente non conosce la normativa - scrivono i magistrati Silvia Albano e Riccardo De Vito sul sito di Magistratura democratica - e spesso non rivela particolari rilevanti perché non sa che consentirebbero il suo riconoscimento (come accade ad esempio per le vittime di tratta o di mutilazioni genitali): il ruolo dell’avvocato è determinate per giungere ad una decisione corretta".

"Pregiudizio nei confronti dei richiedenti asilo"

E poi limiti ai compensi per i ricorsi (800 euro se l'appello va a buon fine, 600 euro in caso di rigetto), la creazione di un albo per far turnare i legali, e la decurtazione del tempo dell'udienza nel caso in cui l'avvocato arrivi con più di 10 minuti di ritardo. Tutti provvedimenti contestati perché non sono previsti in altri tipi di giudizi. "Preoccupa - concludono le toghe - non solo il profilo di illegittimità, ma anche l’opzione culturale che traspare dal protocollo, che tradisce lo svilimento della materia, che è complessa e tratta dei diritti umani fondamentali, e un pregiudizio nei confronti dei richiedenti asilo e dei loro difensori".

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