Profughi al Marco Polo per Jesolo: "Anzi no, si parte per Chioggia"

Una ottantina, quasi tutti eritrei. Tra loro anche alcuni nuclei famigliari, ma nessun bambino. Questo l'identikit del gruppo di circa un centinaio di profughi atterrati verso le 15.30 di martedì all'aeroporto Marco Polo di Venezia. Una ventina di loro, poi, sono subito partiti in autobus alla volta di Pesaro. Gli altri, invece, sono rimasti "ostaggio" di una sorta di braccio di ferro tra ministero dell'Interno e Croce Rossa. A quanto pare, infatti, l'organizzazione sanitaria che gestisce la struttura di via Levantina di Jesolo Lido aveva comunicato alle amministrazioni locali l'imminente arrivo di una sessantina di ospiti.

Profughi provenienti dalle coste siciliane. Al Marco Polo, però, tolti coloro che sono partiti alla volta delle Marche, ne sono arrivati una ventina in più. Sulla base di questa discrasia dunque la Croce Rossa avrebbe chiesto maggiori garanzie e, di conseguenza, anche un più elevato aiuto economico. Una situazione di stallo che ha indotto le forze dell'ordine a far salire gli ospiti su tre autobus della polizia e aspettare gli eventi per circa un'ora e mezza all'esterno dello scalo. Nelle vicinanze della darsena.

Qualche profugo ne ha approfittato per andare al bagno, altri per bere un bicchiere d'acqua. I più inconsapevoli di ciò che stava accadendo, non parlando una parola di italiano. Poi alla fine la situazione si è sbloccata: l'ottantina di migranti verranno divisi in varie strutture specializzate del territorio veneto. Non più a Jesolo, bensì a Chioggia, nel Padovano e nel Trevigiano. A meno di colpi di scena. "Eravamo stati avvertiti all'ultimo momento dalla Croce Rossa del possibile arrivo dei migranti - spiega il sindaco di Jesolo, Valerio Zoggia - ma nel documento che ci era stato recapitato si parlava di sessanta ospiti. Non ottanta".