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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Lido

"Il Casinò era taglieggiato da Maniero, poi cambiò il vento e lui lo rapinò"

Alessandro Ambrosini ha intervistato un ex giocatore d'azzardo vicentino, che ha ricostruito i giri degli anni della Mala del Brenta: "Al Lido c'era un ufficio dei cambisti, i cravattari dell'epoca"

Sembrano passati anni luce. Ora del Casinò di Venezia se ne parla per tutt'altri motivi, più "legali", certo, ma di sicuro ben lontani da quell'aura di prestigio di cui si fregiava qualche decennio fa. L'occasione per approfondire la realtà "al limite" di quell'epoca la fornisce un'intervista di Alessandro Ambrosini per il sito Notte Criminale, che ha raggiunto per un colloquio a quattr'occhi un ex giocatore d'azzardo vicentino, sembra di capire molto addentro ai giri loschi degli anni Ottanta.

 

Dapprima si parla dei cavalli, poi delle bische clandestine (sempre con l'ombra di Felice Maniero e della Mala del Brenta in agguato) e poi si finisce a parlare del Casinò. La capitale di tutti i giocatori della zona. L'input lo fornisce il giornalista, che chiede al suo interlocutore, che preferisce rimanere anonimo, se la casa da gioco "fosse territorio di Maniero e dei suoi cambisti".

"Sì, ma non era così lampante l’appartenenza alla Mala - racconta l'intervistato - I cambisti c’erano da sempre. Al Lido per esempio, dove Felicetto fece una delle sue grandi rapine nel 1984, c’era un salottino all’entrata che era l’ufficio di questi figuri. Poltrone e tavolino per firmare gli assegni e un televisore per passare il tempo. Questo era il potere dei cambisti in genere: l’essere accettati, come fosse normale ospitare dei cravattari dentro a strutture statali".

 

Con questa dichiarazione si entra a piedi uniti in uno dei (tanti) misteri della Mala: perché rapinare se stessi? E la risposta del giocatore d'azzardo non è altrettanto chiara come in precedenza: "Non esiste una 'verità' certa se non nella mente di Maniero o di chi partecipò al colpo. Di cose se ne sono dette tante, soprattutto in certi ambienti. Sicuramente c’è molta fantasia. Ma non solo. Si disse che il Casinò pagasse una percentuale molto forte a Maniero e che al cambio del direttore gli accordi non furono più rispettati. Cosa che non piacque a Felicetto - conclude -che si vendicò in questo modo".

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