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Cronaca Marghera

Sequestro di bambole "urticanti": così i nostri rifiuti ci tornano in casa

Ieri a Porto Marghera sono state tolte dal mercato 2mila 430 "Doll Set" provenienti dalla Cina. I tecnici dell'Ufficio antifrodi: "Gli scarti in Oriente entrano direttamente nel processo produttivo"

Bambole che non avevano niente da invidiare alla Barbie. Di buona fattura. Non fosse per un unico particolare: erano tossiche. Le 2mila 430 "Doll Set" sequestrate ieri grazie alla segnalazione dell'Agenzia delle dogane di Porto Marghera contenevano "esteri orto oftalici", cioè materiale urticante se respirato o comunque assunto in qualsiasi modo.

 

Queste bambole avrebbero raggiunto le case di molte famiglie del Nord Italia. La ditta importatrice è stata denunciata per violazione delle norme sulla sicurezza. Il suo obiettivo, probabilmente, era risparmiare il più possibile nell'approvvigionamento e la distribuzione. E questo carico in effetti era molto vantaggioso. Ogni bambola costava un dollaro e 70 centesimi. Un'inezia per dei giocattoli di buona fattura. Il problema della salute passava in secondo piano rispetto a quello economico.

I tecnici dell'Ufficio antifrode di Marghera, nell'ambito della "convenzione del giocattolo", entrata in vigore nel 2011, hanno effettuato delle verifiche a campione e hanno inviato tutto all'Istituto superiore di Sanità. Dal piano amministrativo in questo caso si è passati a pié pari in quello penale. Con la merce immediatamente ritirata dal mercato e distrutta.

 

La sostanza rinvenuta, infatti, era vietata già dal 1991. Ma com'è possibile che quest'ultima finisca ancora in prodotti per bambini e capi d'abbigliamento? Un servizio di Report di fine 2011 ha tentato di far luce sul fenomeno. Secondo la trasmissione condotta da Milena Gabanelli i rifiuti partono dall'Europa e raggiungono l'estremo Oriente per essere lavorati e recuperati. Il problema è che non ci sarebbero abbastanza controlli e i materiali plastici spesso e sovente entrerebbero nel processo produttivo assieme alle loro sostanze tossiche. Sono gli stessi tecnici dell'Ufficio Antifrode ad ammettere che il problema è proprio questo.

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