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Cronaca

Migranti ridotti in schiavitù per potare i vigneti, "caporale" arrestato

Un 27enne pakistano è stato portato in carcere. In un tugurio a Cessalto ospitava in condizioni di grave degrado 18 connazionali che accompagnava al lavoro nei campi della Marca, nel Veneziano e nel Pordenonese

Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Per questo reato, regolato dalla legge 603 bis del 2016 (nata per combattere il caporalato soprattutto nel sud Italia), è stato arrestato dai carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro di Treviso e della stazione di Cessalto un imprenditore pakistano di 27 anni, ex profugo e titolare di un'azienda regolarmente iscritta alla Camera di Commercio e specializzata nella manovalanza in agricoltura. L'operazione è frutto di un'indagine avviata alcune settimane fa dalla compagnia di Conegliano. In un casolare di Cessalto, in aperta campagna, nel degrado più assoluto, con un solo bagno disponibile, acqua fredda, muffa e vetri rotti, vivevano 18 braccianti, tutti pakistani, buona parte dei quali richiedenti asilo; di loro, 12 lavoravano completamente in nero. La notizia è riportata da TrevisoToday.

I carabinieri hanno effettuato il blitz il 4 dicembre, bloccando l'imprenditore e un suo collaboratore i quali, a bordo di due furgoni, avevano raggiunto un campo per effettuare la potatura di alcuni vigneti. Entrambi gli autisti erano senza patente ed uno dei due veicoli era privo di assicurazione. Si è scoperto che i lavoratori venicano inviati quotidianamente nei vigneti delle province di Treviso, Venezia e Pordenone. Alcuni di loro, nonostante la temperatura, erano costretti a lavorare in camicia o maglietta. Venivano pagati 5 euro l'ora, somma da cui andava detratto il vitto e l'alloggio, ed erano sottoposti a turni con orari massacranti.

Dopo l'arresto del 27enne, richiesto dal pubblico ministero Anna Andreatta e convalidato dal gip del tribunale di Treviso, i lavoratori si sono trovati in condizione di tale indigenza da essere costretti a chiedere aiuto ai carabinieri di Cessalto (i militari hanno raccolto del cibo nella serata stessa dopo l'operazione) e al Comune che si sta occupando della loro sorte. Gli asiatici hanno dato massima collaborazione alle indagini, raccontando delle tante promesse non mantenute da parte del caporale: alcuni erano stati costretti ad andarsene perchè non avevano mai ottenuto il denaro convenuto per il lavoro nei campi. Quello gestito dal 27enne, si sospetta, potrebbe non essere un caso isolato: quelli da lui gestiti erano peraltro lavori in subappalto, ottenuti completamente all'insaputa degli imprenditori agricoli o vitivinicoli.

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