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Cronaca

Spi Cgil: «No alla svendita incontrollata ai privati dei beni confiscati alle mafie»

Appello del sindacato: «Sarebbe un rischio». Nel Veneziano sono 152 i beni confiscati

«No alla vendita incontrollata ai privati dei beni confiscati alle mafie. C’è il rischio di un ritorno ai mafiosi». È l'appello lanciato  dallo Spi (Sindacato dei pensionati italiani) Cgil del Veneto durante la giornata di chiusura dei campi antimafia e rilanciato dai colleghi veneziani.  Nella provincia di Venezia, secondo l'ultimo monitoraggio effettuato dallo Spi Cgil del Veneto del 2017, i beni confiscati in via definitiva e non sono 152. Il simbolo più importante è la villa che apparteneva a Felice Maniero, il capo della Mafia del Brenta, a Campolongo Maggiore. Villa che è oggi in gestione all’associazione Affari Puliti ed è sede di più enti e associazioni.

«Vendere ai privati? Un rischio»

Molti dei beni immobili confiscati in provincia di Venezia appartenevano ad affiliati della Mala del Brenta e alla mafia cinese. Di recente sono stati sottratti altri immobili anche a Michele Pezone, legato ai clan dei Casalesi e conosciuto dagli investigatori veneti per estorsione e usura, a Fabrizio Perrozzi, condannato per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e a Ferruccio Pozza, condannato per droga. Lo Spi Cgil di Venezia si dice perplesso sul fatto che il decreto sicurezza ampli la possibilità di vendere ai privati i beni confiscati alle mafie. «Questa scelta rischia di vanificare l'importante azione di contrasto alle mafie introdotta già dalla legge La Torre-Rognoni del 1982, e dalla Legge 109 del 1996, perché i beni potrebbero ritornare in mano alle organizzazioni criminali - spiega Daniele Tronco, neosegretario generale dello Spi Cgil Metropolitano di Venezia -. La vendita, qualora si renda assolutamente necessaria, deve essere accompagnata da un serio progetto di riutilizzo, e attentamente valutato da parte degli organi competenti dello Stato. Immobili e aziende devono essere consegnati alla collettività e gestiti da enti o associazioni che si occupano di educazione alla legalità. Altra necessità è quella di attivare in prefettura il tavolo sindacale su assegnazione e utilizzo dei beni confiscati, così come previsto nel nuovo codice antimafia».

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