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Due schiaffi da Roma: l'Arsenale torna allo Stato e il Mose "affoga" Venezia

Poche righe nel decreto sull'agenda digitale riassegnano al demanio l'Arsenale, prima concesso al Comune. Il governo finanzia le paratie mobili ma non la Legge speciale, mancano 40 milioni di euro

Poche righe e cambia il mondo. Almeno per il Comune di Venezia, che con il nuovo decreto sull'agenda digitale presentato dal ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera si ritrova "scippato" dell'Arsenale, che, nel caso di nessun cambiamento dell'ultimo minuto prima della firma del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tornerà di proprietà del demanio, dopo essere stato assegnato a Ca' Farsetti con il precedente decreto del governo Monti sulla Spending Review.

Come riporta la Nuova Venezia, il 70 per cento dell'area rimarrà sotto lo Stato (la parte Nord), mentre per quella più a sud rimangono in piedi le trattative tra Comune e ministero della Difesa per decidere cosa "lasciare" ai militari". In questo frangente si punterebbe a raggiungere la piena percorribilità acquea dell'Arsenale, riaprendolo al passaggio dei mezzi pubblici.

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Una telefonata allarmata è già partita dalla laguna per far presente dell'inghippo. Anche perché una decisione del genere significherebbe mettere nell'angolo il Comune nelle decisioni che interesseranno il futuro dell'area.

IL MOSE "AFFOGA" VENEZIA - Ma non è l'unica gatta da pelare proveniente da Roma che il sindaco Giorgio Orsoni si ritrova sul tavolo dall'oggi al domani. Il governo infatti ha finanziato il Mose con 1,25 miliardi di euro, ma facendo questo non ha previsto risorse per la Legge speciale. Togliendo in un solo colpo 40 milioni di euro già messi a bilancio da Ca' Farsetti, che ora se la vede brutta. "Se le cose stanno come sembra questo è l'ennesimo schiaffo dato a Venezia da parte di un governo sordo e insensibile ai bisogni di questa città - tuona Orsoni sul Corriere del Veneto - se finanziare il Mose significa toglierci il respiro allora è meglio che questo governo vada a casa al più presto".


Se effettivamente questi soldi mancheranno all'appello l'unica via percorribile saranno dunque dei tagli drastici. Sul fronte delle entrate, infatti, non c'è più possibilità di correttivi. I finanziamenti per il sistema di paratie mobili saranno divisi in quattro tranche, cadenzate fino al 2016, anno in cui l'opera "dovrebbe" essere inaugurata, dopo il rinvio determinato dalla mancanza di liquidità. Ma Venezia, intanto, magari senza più acqua alta, avrà i soldi per difendersi dall'usura del tempo che passa?

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