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Giovedì, 28 Marzo 2024
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"Oh Happy Day", il patriarca spiega la Pasqua attraverso il gospel

Moraglia ha spiegato che questa esplosione di gioia deve riguardare i nostri "nuovi schiavi": "E i bambini cui non è dato il diritto di nascere"

"C’è un canto afro-americano che esprime bene il senso del giorno di Pasqua". Così il patriarca di Venezia Francesco Moraglia ha introdotto la propria Omelia di Pasqua nella Basilica di San Marco. Il canto non poteva che essere “Oh, Happy Day”. "Il titolo già spiega tutto", ha sottolineato dall'altare. "Nonostante la popolarità del pezzo, forse pochi sanno che si tratta di un antico inno religioso del XVIII secolo - ha spiegato Moraglia - il brano divenne un successo discografico una quarantina d’anni fa. In Italia, erroneamente, viene considerato un canto natalizio o beneaugurante per l’anno nuovo. Si tratta di un inno pasquale eseguito nelle chiese protestanti anglofone durante i battesimi e le cresime".

"Ma questo canto gospel non è solamente un canto - ha sottolineato - è, invece, una vera e propria esplosione di gioia, una gioia incontenibile espressa secondo la sensibilità e i modi delle genti afroamericane che hanno provato, fino in fondo, nella loro storia, il disprezzo e l’emarginazione da parte di altre genti, uomini e donne come loro. Alle spalle vi è una lunga e tristissima storia di schiavitù. Il motivo è - come sempre - l’affermazione di sé sugli altri". Questo il punto principale dell'omelia di Moraglia, che punta il dito contro la volontà di arricchimento da parte di pochi a scapito di molti: "Rinchiusi in tali logiche, questi uomini e questedonne non sono stati più in grado di porsi la domanda più umana che si possa porre - ha continuato il patriarca - vale a dire: “chi è l’uomo?”. Così arrivarono a non riuscire a riconoscere l’uomo nel proprio simile".

"Solo cosi' si puo' capire l'esplosione di gioia - ha aggiunto -. Sì, perché nella Pasqua si dà realmente il giorno felice, in cui ha vinto colui che fu, per eccellenza, la vittima di istituzioni e poteri legittimamente costituiti ma ingiusti, violenti e timorosi di vedersi privati del loro potere". Dalle Sacre Scritture, però, l'omelia scandaglia anche il presente. I giorni nostri. "C’è, però, da chiedersi - continua Moraglia - quante forme di schiavitù esistono ancora oggi? Anche se tali forme non vengono espressamente denominate tali, in  realtà, si tratta di vere schiavitù presenti nelle nostre città, nei nostri quartieri, sulle nostre strade. Infatti, in ancora troppi ambiti del vivere umano, alcune persone sono considerate come semplici mezzi per ottenere qualcosa e non sono considerati come fini: donne preda di uomini violenti, bambini abbandonati dai loro genitori, persone fragili e lasciate in balia delle loro fragilità o dipendenze (alcool, droghe ecc.) e infine la prostituzione, anche nella dolorosa versione delle baby-prostitute. Tra gli emarginati, gli oppressi e i rifiutati dobbiamo considerare, nel nostro tempo, un dramma che è tale sia per i credenti sia per i non credenti, poiché riguarda una questione prettamente umana; alludo ai bambini ai quali viene negato il primo fondamentale diritto, quello di nascere, come ci ha ricordato con forza pochi giorni fa Papa Francesco. Anche per loro, a Pasqua, si apre, con la risurrezione, una speranza veramente nuova".

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