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Sesso per le "dosi", violenza e fiumi di eroina: sette arresti in via Piave

Il commissariato di Mestre ha messo le manette ai polsi complessivamente a sette pusher di origine magrebina, tre per ora si sono dati alla macchia. Il questore: "Ci siamo e ci saremo"

E' questione di "controllo del territorio". Frase che se in altre zone della città può assumere connotati "astratti", nel quartiere Piave di Mestre ha un significato "fisico". Con l'operazione portata a termine stamattina dal commissariato di polizia locale, in cui sono finite in manette sette persone ed è stata disposta la chiusura per 30 giorni del bar Gioia, in via Cavallotti, il messaggio che le forze dell'ordine vogliono mandare è chiaro, sottolineato anche dal questore Fulvio Della Rocca: "Noi ci siamo e ci saremo sempre".

A settembre 2011, infatti, delle pattuglie erano state circondate e aggredite da una trentina di malviventi, che in questo modo intendevano far capire "chi comandava". Episodio gravissimo, naturalmente, "simbolico". Anche da lì sono passati gli inquirenti per arrivare agli arresti odierni, partendo da un episodio di spaccio ancora precedente "captato" del luglio 2010. La conclusione stamattina, con l'arresto di tre cittadini tunisini e due marocchini (tutti irregolari tra 27 e 41 anni) che, assieme a tre sodali ancora da rintracciare, secondo il gip Roberta Marchiori "avevano asservito interi quartieri della città" attraverso lo spaccio soprattutto di eroina. Di sicuro, secondo gli inquirenti, tra gli "accerchiatori" c'era qualche persona in stretti rapporti con chi è finito in manette.

Oltre 2mila le cessioni documentate dalle forze dell'ordine nei mesi d'indagine, per un valore di circa 60mila euro. Un'organizzazione "orizzontale", senza un leader preciso, che si insinuava tra le vie comprese tra Parco Piraghetto, piazzale Baisnizza, via Piave e la stazione ferroviaria. Ognuno dei pusher aveva un "pacchetto" di un centinaio di clienti. "Quartier generale" dello spaccio un edificio abbandonato denominato "Pancin", dove spesso anche minorenni e ragazze offrivano il proprio corpo per ottenere le dosi. Ora quella struttura non c'è più, demolita dalle ruspe. E lo spaccio ha perso così un suo punto di riferimento in zona.

A questa operazione, come spesso accade, se ne intrecciano altre: il gip Alberto Scaramuzza, infatti, ha ordinato la custodia cautelare di A.A., 27enne di origine magrebina residente a Mira, che, sottoposto all'obbligo di firma dopo essere stato già arrestato, continuava la sua attività di spaccio come se nulla fosse.

Nella rete delle forze dell'ordine è finito, stavolta in flagranza di reato, anche un cittadino di origine tunisina 25enne, sorpreso mentre all'interno del bar Gioia in via Cavallotti vendeva una dose di eroina a una giovane ragazza mestrine. Gli agenti si trovavano sul posto per scovare le otto persone raggiunte da ordinanza di custodia cautelare per l'operazione Piave: ci hanno messo un attimo ad arrestare anche lui.
 

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