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Mestre Via Terraglio

Minacce e "pizzo" per prostituirsi sul Terraglio, banda sgominata

La squadra mobile ha arrestato tre persone e notificato un divieto di dimora all'"ape regina". Sgominata organizzazione ungherese-albanese

Un'operazione della polizia contro il reclutamento, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, ha portato, nel corso della notte, a eseguire sei provvedimenti restrittivi sgominando così un'organizzazione albanese-ungherese attiva in Veneto. Risultano irreperibili in Italia due indagati che sono ricercati anche all'estero tramite il Servizio di Cooperazione Internazionale di polizia.

La squadra mobile della Questura di Venezia ha scoperto come uno strutturato gruppo criminale reclutava giovani ragazze, appena maggiorenni, in Ungheria che venivano destinate a prostituirsi nel Veneto, soprattutto sulla strada statale "Terraglio" che collega Mestre a Treviso e sulla via Orlanda. Gli indagati ricorrevano anche all'uso della violenza fisica per affermare il proprio predominio, tanto da minacciare le ragazze di altri gruppi pretendendo il "pizzo" e imponendo una "tassa di stazionamento" pari a 50 euro a sera per ogni ragazza.

LA PETIZIONE - "BASTA PROSTITUTE, CHIEDIAMO LO ZONING"

Gli accertamenti sono iniziati nel gennaio dello scorso anno quando nella zona di Mestre, alcune ragazze intente a prostituirsi erano state aggredite da un paio di uomini che avevano rivendicato la "proprietà" di quei posti, ritenuti sotto il loro controllo, pretendendo il pagamento del "pizzo" di 50 euro al giorno per persona. Si sono delineate quindi le azioni del gruppo criminale transnazionale che reclutava in Ungheria giovanissime ragazze neomaggiorenni, che venivano condotte e fatte alloggiare in alcuni appartamenti e bed and breakfast del mestrino e del Trevigiano.

Elemento preminente e di riferimento per il gruppo era un 35enne albanese, il quale, insieme ai suoi gregari, sorvegliava e gestiva gli spazi per la prostituzione. In particolare il gruppo criminale controllava le stesse sul luogo di lavoro, impartiva disposizioni su come e quando lavorare, dissuadeva, anche con violenza, eventuali concorrenti per garantire il mantenimento del posto in strada, percepiva gli interi proventi dell'attività di meretricio. Gli indagati oltre a controllare le ragazze che dovevano intrattenersi per non più di 10 minuti col cliente (chi si dilungava rischiava di venire poi brutalizzata), le avvisavano dell'eventuale passaggio di auto con poliziotti, facendole nascondere oppure prelevandole e cambiandole di postazione, fatti appurati nel corso dei servizi di osservazione.

Un'attività a suo modo "imprenditoriale": sono state riscontrate numerosissime transazioni di denaro tramite agenzie di transfer money, per svariate migliaia di euro, trasferimenti di denaro aventi quasi frequenza giornaliera con il fine di monetizzare e assicurare da rischi i profitti. La banda riusciva, nell'arco di un mese, a inviare in patria anche 15 o 16mila euro. In più, dato che nessuno lavorava, le ragazze sulla strada dovevano guadagnare a sufficienza per pagare vitto, alloggio e vizi di tutti i membri del gruppo. Neanche un centesimo restava nelle tasche delle sfruttate. La pianificazione per il reclutamento e il trasporto a Venezia delle giovani prostitute, nonché la loro sistemazione logistica, veniva organizzata nei centri commerciali di Mestre, luogo in cui occasionalmente avvenivano anche incontri "diplomatici" con altre bande della zona.

Importante il ruolo anche della moglie di uno degli arrestati che aveva il ruolo di sfruttatrice ed esattrice del pizzo a carico delle altre ragazze. Nei confronti di una cittadina ungherese è stato disposto il divieto di dimora nelle province di Venezia e Treviso, analogo provvedimento è stato emesso nei confronti di un cittadino rumeno, al momento irreperibile, attivamente ricercato anche all'estero tramite il Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia così come un altro cittadino ungherese, destinatario del provvedimento di custodia cautelare in carcere.

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