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"Alla Casa della Pesca ci prendiamo cura dei pescatori e del nostro mare"

Nella Laguna veneta nasce il primo polo consortile sui sistemi tradizionali. Un mezzo per non perdere un patrimonio di tradizioni, difendere le risorse naturali e recuperare il valore sociale di questo antico mestiere

Un posto dove prendersi cura della pesca a tutto tondo: della sua portata non solo economica, ma anche culturale ed ecosostenibile; del suo ruolo di sentinella del mare; del suo compito di diffusione di un sapere antico che poggia sul rispetto della risorsa marina come cardine. È questa la Casa della Pesca di Cavallino Treporti che, inaugurata il 12 luglio e gestita dal Consorzio Ittico Veneziano, sarà il primo polo consortile veneto della piccola pesca artigianale. “Parliamo di un’area storicamente vocata all’attività della pesca tradizionale che risale ai tempi della Repubblica di Venezia. Tutta l’area della Laguna nord ha una tradizione di pesca consolidata, di arti, mestieri, culture non solo enogastronomiche, ma anche del saper fare il pescatore”, ci ha detto Antonio Gottardo responsabile regionale Lega Coop agroalimentare. “Negli ultimi anni, però, il mercato stava facendo risentire un influsso negativo in questa zona. Perché lo sviluppo dell’acquacoltura, la molluschicoltura, la pesca delle vongole, rendevano appetibile andare ad altri tipi di pesca e rischiavamo di perdere una cultura marinara importantissima. Questo progetto tende a recuperare il valore non solo economico, ma anche culturale e sociale della pesca tradizionale”.

Come nasce la Casa della Pesca? 
Questa Casa della Pesca ha messo insieme i produttori nel cercare di individuare una struttura che garantisse da un lato la funzione logistica e, dall’altro, un progetto di diversificazione produttiva. Quindi, una struttura che desse la possibilità di avere celle frigo, per la catena del freddo, uno spazio di stoccaggio, e quindi la struttura e il servizio della piccola pesca tradizionale. Ma che permettesse anche un progetto di diversificazione produttiva perché il pescatore che non è più solo pescatore, ma fa anche una attività diversificata, come lo sviluppo del pescaturismo e dell’ittiturismo (inteso come l'insieme dei servizi turistici offerti dai pescatori sulla terra ferma, ndr). Tant’è che dentro la Casa della Pesca c’è un angolo di show-cooking; la possibilità di degustazione dei prodotti, dal produttore al consumatore; di visita, attraverso imbarcazioni dedicate al pescaturismo e molto altro. 

La Casa della Pesca quale modello di produzione e consumo propone?
Il tema della sostenibilità ambientale fa ormai parte del patrimonio genetico dei pescatori. Sono loro i primi a dire che se il mare è inquinato, se non si tutela l’ambiente, il loro lavoro scompare. È strettamente collegato e loro sono sentinelle del mare. In quest’ottica, il pescatore non deve più solo fare il pescatore,  questo è uno dei tre pilastri della sostenibilità, che è economica, sociale ma anche ambientale. Cioè il pescatore deve diventare operatore di servizi ecosistemici. Significa che tu fai il pescatore, ma se trovi un rifiuto in mare lo prendi, lo raccogli e in banchina lo conferisci negli appositi contenitori. Significa che fai attività di pescaturismo e ittiturismo, che fai attività di educazione ambientale alle scuole, che fai tutta una serie di servizi ecosistemici che sono collegati alla tutela del mare e della laguna. 

Quante cooperative si raccolgono nella Casa della Pesca, per quanti lavoratori e con quale fatturato?
La Casa della Pesca è gestita dal Consorzio ittico veneziano. Ne fanno parte 4 cooperative che rappresentano la totalità dei pescatori professionali della area della Laguna Nord: Cooperativa fra Lavoratori della Piccola Pesca di Cortellazzo, Faro Società Cooperativa, Pescatori Cavallino Società Cooperativa e Società Cooperativa San Marco-Pescatori di Burano. Complessivamente, tra le 4 cooperative, si arriva a un fatturato tra i 7 e gli 8 milioni di euro per circa 210 imprese ittiche. Ogni pescatore è un’impresa. Per quanto riguarda l’attività della Casa della Pesca, abbiamo fatto l’inaugurazione, ma l’attività di somministrazione e conferimento del pescato partirà nella primavera dell’anno prossimo, tra marzo e aprile 2022. 

Secondo lei questo modello è replicabile?
È uno degli obiettivi della Casa della Pesca. Quello che abbiamo notato e stiamo notando è che si stanno avvicinando i giovani perché hanno visto che fare il pescatore non significa mettersi una tuta e partire, ma può essere una attività interessante. Nella pesca sta avvenendo quanto accaduto in agricoltura, con il ritorno alla passione per il settore da parte di laureati e diplomati periti agrari. Quindi, molti giovani ci hanno chiesto informazioni perché volevano capire come entrare nel settore. Per questo, individuare dei poli di valorizzazione della pesca tradizionale, affiancata anche a una dimensione della figura del pescatore diversa, è sicuramente un esempio da portare avanti. Da molte altre Regioni ci hanno chiesto informazioni su questo progetto, perché hanno capito che fare rete tra le imprese è quello che garantisce anche di lavorare meglio e di presentarsi alla distribuzione e al consumatore con una visione più qualificata, più seria e più di qualità. 

Quali sono le vostre attività con gli studenti e i più giovani?
Stiamo già facendo attività con le scuole. Con alcuni istituti alberghieri abbiamo fatto due giornate con uno chef molto bravo proprio alla Casa della Pesca. Con queste scuole abbiamo fatto anche due importanti eventi sull’enogastronomia perché è importante che i ragazzi capiscano la differenza che c’è tra l’aprire un prodotto congelato e uno che invece è fresco. E poi anche con le scuole elementari del territorio sono previsti dei momenti con gli insegnanti dove i ragazzi vengono alla Casa della Pesca e fanno attività di educazione ambientale e dei prodotti. 

Voi operate nel Mare Adriatico. Quali sono le fragilità di questo Mare e cosa bisogna fare per averne cura?
Proseguire in questa sensibilità ambientale è importante, ma accanto a questo ci deve essere una attenzione precisa. Negli ultimi anni sono aumentate le attività infrastrutturali di edilizia civile ed energetica: i porti offshore, il terminal Lgm di fronte a Porto Tolle, le opere del Mose, le pale eoliche…cioè una serie di attività che, se non facciamo attenzione anche al loro impatto sui pesci e sul mare, rischiano di creare qualche problema di interferenza anche con le attività di pesca. La sintesi è: abbiamo capito che sul mare c’è una visione di una blue-economy legata al turismo, all’edilizia civile ed energetica, ma ricordiamoci che c’è anche una attività economica che è legata alla pesca. E questo deve essere contemplato, perché abbiamo segnali preoccupanti. Ogni giorno c’è un intervento e si tratta di interventi massivi. Insomma, la sostenibilità ambientale vale per i pescatori, ma deve valere anche per i grandi costruttori, per le grandi opere che stanno pensando di fare in Adriatico. 

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