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La tomba in fondo all’Egeo per 4000 italiani che rifiutarono il nazi-fascismo 

Molti i veneti tra le vittime del naufragio del piroscafo Oria, il 12 febbraio 1944. A 75 anni dall’affondamento Marco Polo System presente alla commemorazione in Grecia

La tomba in fondo all’Egeo per commemorare 4000 italiani che rifiutarono il nazi-fascismo. il 12 febbraio sono state ricordate le vittime, e tra queste molti veneti, che persero la vita nel naufragio del piroscafo Oria, nel 1944. A 75 anni dall’affondamento, Marco Polo System ha presenziato alla commemorazione in Grecia, nella costa ateniese, insieme a presidente della Repubblica, Prokopis Pavlopoulos, l’ambasciatore italiano Efisio Luigi Marras, il vicegovernatore dell’Attica Petros Filippou, varie autorità locali e religiose e una delegazione di 45 familiari delle vittime. La cerimonia ha ricordato anche l’eccidio nazista di 17 giovani pastori greci. Un potente messaggio di unità mediterranea e dialogo per arginare paura e nuovi nazionalismi.

Il muro della memoria

Oria in greco significa limiti, e il verbo connesso, orizo, significa definire. Oria era anche il nome del piroscafo norvegese che il 12 febbraio 1944 s’inabissò, con più di 4000 soldati italiani prigionieri a bordo, lungo la costa orientale dell’Attica, tra la terraferma e l’isolotto di Patroclo, poche curve di terra rossa a picco sul mare prima di Capo Sounio dominato dal celebre tempio di Poseidone. Italiani da tutte le regioni, di città e di provincia, compongono il “muro della memoria”, elenco in continua evoluzione delle vittime identificate, curato dal tenace comitato spontaneo “Piroscafo Oria”, che raccoglie più di mille membri in tutta Italia e si occupa di ricerca di dati e di promozione di iniziative in memoria dei dispersi. 

Pettenò-2

Il naufragio

Su più di 4000 vittime, la lista conta, per ora, soltanto 318 nomi. Nomi del secolo scorso, desueti, alcuni ancor più tragici per rimandi al teatro greco, che va a fondersi con la realtà della storia: Egisto Cercato da Strà (Venezia), 26 anni, Temistocle Aldrighetti da Rovigo, 29, e un’altra trentina da tutto il Triveneto. Dispersi, inghiottiti nell’eterna indefinitezza della scomparsa senza sepoltura, consegnati al moto senza fine delle onde, che per anni ha continuato a consegnare gavette, munizioni, ciondoli, pendagli con foto e dediche ai pescatori dei villaggi sparsi che popolavano la costa ateniese, prima del turismo di massa e dell’andirivieni incessante dei turisti. Per una dozzina d’anni, dopo il naufragio del ’44, le comunità locali si sono autoimposte il divieto di pesca, rendendo il breve tratto di mare dove l’Oria naufragò un muto sacrario laico. La nave di 2000 tonnellate, varata nel 1920, era salpata l'11 febbraio da Rodi, Egeo orientale, nel  tardo pomeriggio, direzione Pireo, per smistare da lì i prigionieri verso i lager del Reich. A bordo, più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla Repubblica di Salò dopo l’Armistizio dell'8 settembre 1943, 90 tedeschi di guardia o di passaggio, ufficiali norvegesi e circa 20 greci dell’equipaggio. Sorpreso da una tempesta improvvisa, stipato all’inverosimile, l’Oria, doppiato da poco Capo Sounio, affondò in pochi minuti, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali di fronte all'isola di Patroclo. I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco e alcuni ufficiali norvegesi.

“Dispersi sì, dimenticati mai”

All’evento era presente il gruppo europeo con sede a Venezia Marco Polo System, in Grecia per l’inaugurazione della mostra Forti che Uniscono – FARO per i Forti, dedicata alla valorizzazione del patrimonio fortificato e delle architetture militari attraverso la loro reinterpretazione, nella prospettiva di far diventare motore di pace e cultura ciò che è nato per difesa e chiusura. La cerimonia diventa una esempio vivente e vividamente reale di questo approccio: greci e italiani, alti ufficiali e pescatori, cariche politiche e sommozzatori amatoriali condividono la memoria comune e sperimentano momenti  d’unione. Il presidente Pavlopoulos: «Più di 4000 anime disperse, a causa di coloro che in quel momento storico hanno dimostrato di non avere nessuna pietà per la vita umana. La mentalità nazista ha guidato a crimini di guerra e delitti contro l’umanità. Facciamo vedere che non dimentichiamo, perché l’oblio cancella la storia, e quando la storia di cancella, smette di insegnare».

Il Sacrario

I 4000 che dissero no a Hitler e Mussolini, trovandosi così senza patria, non erano considerati nemmeno prigionieri di guerra e così non ebbero i benefici della Convenzione di Ginevra e l'assistenza della Croce Rossa. I ricordi e le testimonianze  dei pochi superstiti hanno permesso di ricostruire per quanto possibile l’accaduto e hanno fatto da baluardo al generale oblio che ha travolto la memoria del naufragio. Nel 1955 il relitto dell’Oria fu smembrato da palombari greci per recuperare il ferro, circa 250 cadaveri dei naufraghi vennero trascinati sulla costa da un fortunale e sepolti in fosse comuni. Le spoglie furono traslate nei piccoli cimiteri dei paesi della costa pugliese e, successivamente, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. I resti di tutti gli altri ancora riposano nei fondali. La cerimonia si è poi spostata nel borgo di Legrenà, per la commemorazione di un eccidio nazista con vittime 17 pastori greci.

Le istituzioni

Con il vicegovernatore della regione dell’Attica, Petros Filippou, protagonista di un breve incontro di saluto con l’amministratore di Marco Polo System Pietrangelo Pettenò, l’intesa è istantanea: La vicinanza con l’Italia non è soltanto storica, ma ha un grande potenziale sociale ed economico anche nella contemporaneità», sottolinea il politico greco, tra i pionieri, ormai da oltre due decenni, di iniziative di gemellaggio e cooperazione tra realtà greche e italiane, più volte in collaborazione col Geie veneziano. Allo stesso modo, l’ambasciata italiana sottolinea la rilevanza delle azioni di promozione culturale messe in atto da Marco Polo sull’asse Italia-Grecia, come l’iniziativa di networking legata patrimonio fortificato, la cui mostra ha appena inaugurato a Igoumenitsa, nella regione settentrionale dell’Epiro (chiusura 11 marzo). «Coltivare la memoria, rispettare e onorare la storia - commenta ai margini della commemorazione Pettenò – sono elementi fondamentali per costruire un cammino comune di pace. Il patrimonio culturale può e deve diventare motore di sviluppo, così come il dialogo e la continua ricerca devono porsi come baluardo alla chiusura e all’odio».
 

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