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Al via il primo corso di formazione di volontari per istituti penitenziari del Patriarcato

Proseguirà fino a giugno di quest'anno, articolato in otto incontri. Il Patriarca Francesco Moraglia è intervenuto al primo appuntamento. «Guardare alla dignità delle persone per aiutarle a compiere un cammino»

Il Patriarca Francesco Moraglia venerdì è intervenuto al primo appuntamento di formazione per i volontari della Pastorale degli istituti penitenziari del Patriarcato di Venezia. Il corso "Ero carcerato e siete venuti a trovarmi" è promosso dalla Pastorale degli istituti penitenziari, curata dal sacerdote diocesano don Antonio Biancotto. Questo cammino di formazione è una felice “prima volta”, una novità, non solo nel Patriarcato di Venezia. Vi hanno preso parte la direttrice del carcere maschile e femminile di Venezia, Immacolata Mannarella, insieme al comandante delle guardie carcerarie e all'educatore capo area. L'incontro si è svolto al convento dei Carmelitani Scalzi di Venezia, e ha avuto inizio il corso di formazione per i volontari degli istituti penitenziari.

Un cammino che proseguirà fino a giugno di quest'anno, articolato in otto incontri, ogni venerdì, dalle 18.30 alle 20. Il primo relatore del corso è stato proprio il Patriarca Francesco che, sviluppando il tema "Motivazioni spirituali del volontariato negli istituti penitenziari", ha proposto il venerabile Jacques Fesch, giovane laico francese, in causa di beatificazione, nato nel 1930 e morto per esecuzione della condanna capitale il primo ottobre del 1957 in un carcere parigino. Dopo aver subito un'infanzia difficile, con un padre violento e cinico, Jacques si avvicina alla malavita. Il padre giungerà anche a deporre ubriaco al suo processo. Questo testimone dimostra, per il Patriarca, come anche il contesto del penitenziario può esser un luogo di rinnovamento e rinascita.

«Jacques, pur essendo imputato di gravi reati, compie un cammino di conversione reale, sviluppando un rapporto esemplare con i compagni di carcere e suscitando ammirazione, diventando un esempio per gli altri. Vi sono delle lettere tenerissime di lui alla moglie scritte dal penitenziario». Per giungere a queste ripartenze, ha spiegato il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, «chi esercita un servizio in carcere deve guardare in modo benevolo il detenuto e saper far rete con tutti. Il volontario deve accompagnarlo a guardare alla dignità della sua persona e a tutte le componenti della sua umanità, per aiutarlo a compiere un cammino. In questo servizio il volontario deve saper dialogare con le altre competenze e professionalità presenti nell'istituto penitenziario, dalla direzione agli educatori, in modo da favorire la rieducazione, nella consapevolezza che anche chi ha compiuto gravi delitti può riscattarsi. Il carcere può, e deve, essere un luogo di rinnovamento umano e spirituale delle persone».

«La misericordia non fa parte del diritto - continua Moraglia - ma rispettando le caratteristiche del diritto consente di amministrare la giustizia in modo più umano. La giustizia, in quanto strumento umano e applicato da uomini, è fallibile. Lo Stato, per questo, nell'esercitare il suo compito di punire il condannato deve sempre guardare alla rieducazione. La giustizia deve essere adeguata al caso concreto, né buonista né crudele, poiché in entrambi i casi non sarebbe vera giustizia».

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