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Sindaco di Chioggia in commissione Sanità in Regione: «Non accettiamo tagli al nostro ospedale»

I presidenti dei comitati dei sindaci dell'Ulss 3 martedì al Ferro Fini

I presidenti dei comitati dei sindaci dell'Ulss 3 in commissione Sanità in Regione, martedì, a palazzo Ferro Fini. Presenti anche il sindaco di Chioggia Alessandro Ferro e l'assessore alle Politiche Sociali e Sussidiarietà Luciano Frizziero, per l'ospedale della città clodiense. 

Tagli e declassamento

«Abbiamo ribadito che i tagli previsti per 55 posti letto e per 2 primariati di Nefrologia e di laboratorio analisi non sono accettabili all'ospedale di Chioggia - ha detto Ferro -. Il nostro territorio non deve essere penalizzato e non deve entrare in una pericolosa spirale di declassamento, visti anche alcuni investimenti che l'Ulss ha fatto fino a ora su alcuni reparti e servizi all'utenza. Mi auguro che la Regione recepisca le nostre istanze. Una risposta dovrebbe arrivare il prossimo martedì».

Come Venezia

«In audizione ci è stato chiesto se per noi era possibile “compensare” alcuni posti letto con i Comuni di altri distretti Ulss 3 – ha aggiunto l'assessore Frizziero – ma abbiamo respinto con forza questa possibilità. Non è una questione di scambiare posti letto, ma di salvaguardare un diritto a un servizio sanitario di qualità nel suo complesso. Chioggia, al pari dell'ospedale civile di Venezia, con cui condivide molte specificità legate alla laguna e ai complessi collegamenti viari, deve rimanere “Presidio ospedaliero di primo livello” e non ospedale di base».

I sindacati

«Il ruolo dell’ospedale di Chioggia è fondamentale - affermano la Funzione Pubblica Cgil e Uil Fpl - che comprende anche Cavarzere e Cona. Dobbiamo ricordare alla Regione e alla politica di questa area che questa parte del territorio metropolitano deve affrontare il problema del suo isolamento (insieme con Cona e Cavarzere) e deve rispondere alla complessità dettata dalla vocazione turistica. È necessario garantire  il funzionamento di un ospedale che contenga tutte le specialità necessarie a rispondere a questa complessità. Per primo il pronto soccorso con la rete di trasporti ai pazienti con patologie tempo-dipendenti e quindi una appropriata gestione dell'emergenza e dei trasporti».

"Chiusure silenziose" 

«Certe chiusure avvengono nell'indifferenza perché si tratta di servizi dedicati alla parte più fragile della nostra comunità: i servizio socio-sanitari e sociali. Persone sole con problemi di salute, disabili, con disagio mentale, con dipendenze e che riguardano tutte le fasce di età. E c'è tutto il rischio che, in nome della sostenibilità economica, questi servizi che dovrebbero essere allocati nel territorio, vicino alle persone, siano accentrati nelle strutture più grandi (vedi Mestre o Mirano-Dolo). La responsabilità della Regione è enorme».

Classificazione

«Una decisione grave, quella che riguarda la città clodiense - dice dal canto suo l'onorevole Nicola Pellicani - che non tiene conto che la struttura rappresenta lo snodo del sistema sanitario dell'area sud della Città metropolitana. Evidenti sono le difficoltà infrastrutturali per raggiungere l'hub di Mestre che dista 50 chilometri percorrendo la statale Romea, una delle strade più intasate e pericolose d'Italia. Questa classificazione  - continua l'onorevole - non risulta funzionale a garantire risparmi al sistema sanitario regionale, né vantaggiosa in termini organizzativi o gestionali, prefigurando, invece, uno svilimento nel medio e lungo periodo del ruolo dell’ospedale di Chioggia, dei suoi servizi e del suo personale».

Lungodegenze e comunità

«Siamo preoccupati per la soppressione dei posti letto di lungodegenza in tutto il Veneto. Nelle schede ospedaliere l’equazione non torna perché gli ospedali di comunità non coprono il numero di posti letto tagliati negli spazi destinati alla funzione assistenziale per acuti, cui afferisce la patologia principale stabilizzata, e quelli individuati in un’apposita unità operativa polifunzionale. Una discrepanza che va a penalizzare i pazienti, ma anche le loro famiglie e ricade sui Comuni perché quando la degenza si protrae oltre le 4 settimane il costo del ricovero più lungo sarà a carico dell’interessato, dei suoi familiari o delle amministrazione di residenza per i meno abbienti».
 

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