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Mercoledì, 24 Aprile 2024

A Venezia il film candidato agli Oscar per il Portogallo: il cinema di Catarina Vasconcelos | VIDEO

"La metamorfosi degli uccelli" è stato proiettato lunedì 28 febbraio al cinema Giorgione di Venezia: unica data italiana alla quale ha potuto presenziare la regista

Occhi timidi ma curiosi e attenti: Catarina Vasconcelos è un perfetto esempio di talento e modestia. Si potrebbe restare erroneamente ingannati dalla sua semplicità, eppure la giovane portoghese è una tra le più interessanti autrici cinematografiche contemporanee. Nata a Lisbona nel 1986, recentemente ha ultimato la realizzazione del suo primo lungometraggio, La metamorfosi degli uccelli, che è stato scelto per rappresentare il Portogallo agli Oscar 2022. Pur non entrando nella cinquina finale, il film si è guadagnato il plauso unanime di pubblico e critica specializzata. 

Quello di Vasconcelos è un esordio fulminante, in cui le parole accompagnano immagini dalle forti suggestioni pittoriche. Una meditazione sulla perdita e sull’assenza, quella di due madri, che ha commosso le platee delle più importanti rassegne cinematografiche. Il film è stato proiettato lunedì 28 febbraio al cinema Giorgione di Venezia: unica data italiana alla quale ha potuto presenziare la regista. La serata, organizzata grazie alla collaborazione di Rete Cinema in Laguna con Circuito Cinema Venezia Mestre & Luso, ha riscosso grande successo.

Abbiamo incontrato Catarina Vasconcelos all’interno di un locale veneziano, poco prima della proiezione. Subito dopo averci accolto con un grande sorriso, ha espresso la propria soddisfazione nell’aver visitato il capoluogo veneto: «È la prima volta che vedo Venezia – ha raccontato –. È una città che toglie letteralmente il fiato e sono veramente felice di essere qui oggi». 

Hai sempre voluto fare la regista?

In realtà no: ho iniziato studiando musica sin da bambina, con la convinzione che quella sarebbe stata la mia strada. Poco prima di iscrivermi al conservatorio, però, cambiai idea e mi immatricolai all’Accademia di Belle Arti di Lisbona. Finiti gli studi, mi appassionai sempre di più all’antropologia visiva e decisi di iscrivermi ad un master in comunicazione presso l'ISCTE-IUL. Lì, nel 2010, presi per la prima volta in mano una telecamera e non ho mai più smesso. Quindi, per rispondere: il cinema non era di certo la prima cosa che avrei pensato di fare, è semplicemente successo. Credo sia un linguaggio espressivo davvero molto potente perché riesce a inglobare in sé tutte le altre discipline artistiche.

Guardando il film, non ho potuto non pensare alla massima “Dona ai tuoi figli ali per volare, ma anche radici per tornare”. Non credo sia un caso, infatti, che nella prima parte del lungometraggio vengano mostrate numerose immagini di piante, al contrario del secondo atto, che si concentra invece soprattutto sui volatili. È una cosa voluta?

Non ci avevo pensato ma, in effetti, durante il battesimo di un mio cugino, il prete a un certo punto disse che è compito dei genitori regalare ai propri figli delle forti radici, ma anche delle grandi ali per volare verso il futuro. Questo modo di dire mi è sempre rimasto impresso quindi, inconsapevolmente, è probabile che abbia influenzato la scrittura del film.

C’è un continuo parallelismo tra la natura e la vita ma anche tra la natura e la morte. Perché?

Penso che l’era industriale abbia cambiato totalmente la relazione tra l’essere umano e la natura. Oggi viviamo in una società estremamente urbanizzata ma c’è stato un tempo in cui l’uomo guardava molto alla natura per capire se stesso. Ecco, credo che dovremmo recuperare quella dimensione. Spesso, presi dalla frenesia, ci dimentichiamo dell’ambiente e della bellezza che ci circonda. Ogni tanto dovremmo fermarci e osservare gli alberi, gli uccelli e il paesaggio per prendere fiato e capire qualcosa di noi stessi. 

E la morte?

Nel film ho voluto rappresentare la ciclicità tipica del mondo naturale. Anche se sono atea, credo molto nella natura: una dimensione in cui le cose muoiono ma poco dopo rinascono. Il pensiero che esista una sorta di ciclicità anche nell’esistenza umana mi ha donato molta consolazione quando è venuta a mancare mia mamma.

Tratterai questi temi anche nel tuo prossimo film, attualmente in lavorazione?

Sì, si tratta del mio primo film di finzione, Pintura Inacabada (I dipinti incompleti), e racconta di una donna che sta morendo. Quindi pure qui parlerò di malattia, di morte e di assenza, ma anche di eutanasia, che è un tema molto discusso nel mio paese (a novembre 2021, Rebelo de Sousa, presidente del Portogallo, ha posto il veto alla legge di depenalizzazione dell’eutanasia, n.d.r.).

Perché parli così tanto di morte?

L’ho chiesto anche alla mia terapista (ride, n.d.r.) e lei mi ha risposto che, di solito, è comune parlare tanto di qualcosa di cui siamo profondamente spaventati. Pertanto credo che raccontare la morte sia un mio modo per esorcizzarne la paura. Inoltre mia madre ha sofferto tanto e ha avuto un trapasso davvero brutto. Vorrei fare in modo che magari, attraverso il cinema, le persone possano avere, se possibile, una morte meno dolorosa.

Tornando al film, ho notato che quasi tutte le inquadrature sembrano dei veri e propri dipinti. Si tratta di una scelta pensata?

Sì, la messa in scena era tutta molto pianificata anche perché il film è stato girato, in parte, in 16 mm e non avevamo molta pellicola a disposizione. Per questo motivo, la realizzazione era programmata nei minimi dettagli. Tuttavia ci sono stati anche sporadici momenti di improvvisazione che poi abbiamo mantenuto nel montaggio finale. A mio modo di vedere, ci si può permettere di improvvisare solo quando tutto quanto è predisposto con meticolosità. Certamente, e volutamente, le inquadrature richiamano i miei anni di studio delle Belle Arti, una disciplina che mi ha davvero molto influenzata.

E quali sono invece i registi che ti hanno influenzata di più?

Quando avevo 12 anni vidi Amarcord per la prima volta e quel film cambiò letteralmente la mia vita perché mi dimostrò che l’esistenza umana poteva essere raccontata in un modo che non era mai stato fatto prima. Quindi direi Federico Fellini, sicuramente.

E poi?

Beh, per la mia formazione sono stati importantissimi anche Ingmar Bergman e Agnès Varda. Non avrei mai girato La metamorfosi degli uccelli se prima non avessi mai visto i suoi film. 

In quanto tempo è stato realizzato il lungometraggio?

Dalla scrittura all’ultimo ciak sono trascorsi ben sei anni. 

Come hai reagito quando ti hanno comunicato che il film avrebbe rappresentato il Portogallo agli Oscar 2022?

Ho riso moltissimo perché non me l’aspettavo: è un film d’autore, sicuramente non mainstream, per cui non avrei mai immaginato un successo simile ed è stato tutto inaspettato e molto gratificante.

Com’è il cinema portoghese?

A detta di molti, il cinema d’autore portoghese è noioso e lento.

Ed è vero?

Anche fosse, non credo sia necessariamente un difetto. Sono tantissimi i registi portoghesi che hanno realizzato grandi film, ben prima di me. Già viviamo in una società molto frenetica, perché anche al cinema dobbiamo per forza essere veloci? La cinematografia portoghese è molto riconosciuta all’estero, soprattutto nei festival, ma poco in patria, forse perché continua a persistere questo mito che i nostri film siano lenti e noiosi. Perché questi due termini devono essere accostati? Il mio film, ad esempio, è sicuramente lento ma perché mai una produzione lenta deve essere interpretata per forza anche come “noiosa”? Credo che, nel mio paese, si debba curare maggiormente la relazione tra il cinema locale e i suoi fruitori. Dobbiamo fare in modo che anche il pubblico portoghese vada a vedere film portoghesi. 

Cosa consigli a chi vuole intraprendere il tuo stesso percorso professionale e artistico?

Fatelo! Se sentite l'esigenza di realizzare un film, non lasciatevi scoraggiare e giratelo!

Chi è Catarina Vasconcelos

Classe 1986, si laurea presso la facoltà di Belle Arti dell'Università di Lisbona e completa un master in Antropologia Visiva presso l'ISCTE-IUL. Esordisce con il cortometraggio Metáfora ou a Tristeza Virada do Avesso, che ottiene da subito grande successo nelle numerose competizioni internazionali in cui viene presentato. Il suo primo lungometraggio, La metamorfosi degli uccelli, si aggiudica il premio Fipresci della Federazione Internazionale dei Critici Cinematografici al 70º festival internazionale del cinema di Berlino e viene indicato per rappresentare il Portogallo, nella categoria "Miglior film straniero", agli Oscar 2022. 

Attualmente Vasconcelos sta ultimando la lavorazione di Pintura Inacabada, il suo primo lungometraggio di finzione.

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