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Giovedì, 28 Marzo 2024

"La scuola cattolica" è un'occasione mancata che non riesce a riprodurre la grandezza del romanzo omonimo

Il film, diretto da Stefano Mordini e tratto dall'omonimo romanzo di Edoardo Albinati, è stato presentato questa sera fuori concorso alla 78. Mostra del Cinema di Venezia

In un quartiere residenziale di Roma sorge una nota scuola cattolica maschile dove vengono educati i ragazzi della migliore borghesia. Le famiglie sentono che in quel contesto i loro figli possono crescere protetti dai tumulti che stanno attraversando la società e che quella rigida educazione potrà spalancare loro le porte di un futuro luminoso. Tra il 29 e il 30 settembre del 1975 quella fortezza di valori inattaccabili crolla sotto il peso di uno dei più efferati crimini dell’epoca: il massacro del Circeo. 

Portare sul grande schermo un’opera letteraria stratificata e complessa come La scuola cattolica era sicuramente una sfida difficilissima: il romanzo di Edoardo Albinati, vincitore del Premio Strega nel 2016, è un volume monumentale di quasi 1300 pagine in cui l’autore espone, in prima persona, acutissime riflessioni circa la difficoltà di aver vissuto l’adolescenza durante i cosiddetti anni di piombo, criticando fortemente l’imperante morale cattolica di cui erano ammantate le teorie pedagogiche dell’epoca. 

Il perpetrarsi della violenza viene indagato a fondo e l’espressione ostentata del virilismo tossico, l’ipocrisia sociale nonché la repressione sessuale vengono indicate come le possibili matrici della crudeltà. Nell’opera di Albinati il massacro del Circeo non rappresenta il centro della narrazione, quanto piuttosto il terribile punto di non ritorno di una vicenda che viene esplorata ed esaminata a lungo. La scuola cattolica prima di essere un racconto di cronaca è un lucidissimo trattato soggettivo sulla natura umana, sulle iniquità sociali e sulle mistificazioni religiose. Ecco perché è impossibile trasporre in forma cinematografica un’opera di questo genere se non banalizzandola e privandola di tutti quei contenuti che ne hanno decretato la grandezza.

Del testo di Albinati, nel film di Stefano Mordini presentato fuori concorso alla 78. Mostra del Cinema di Venezia, c’è praticamente solo il resoconto dell’orribile delitto avvenuto a fine settembre 1975. Il risultato finale è un prodotto cinematografico confuso e manchevole di qualsiasi analisi storica, sociale e politica: se l’idea era quella di creare un racconto corale i personaggi appaiono però piatti e stereotipati, protagonisti di scene slegate e disorganiche. Nonostante una durata di quasi due ore, la narrazione risulta indecisa e poco incisiva, a tratti perfino banale. Gli spunti di riflessioni più importanti proposti da Albinati vengono appena accennati e, inevitabilmente, perdono di importanza e consistenza.

La scuola cattolica è un film troppo ambizioso che vuole trasporre attraverso il linguaggio cinematografico un’opera che, proprio per la sua insita complessità, è di fatto impossibile da adattare per il mezzo audiovisivo. 

Alcune sequenze sono tuttavia registicamente ben riuscite, in particolare quelle ambientate tra le mura scolastiche. Apprezzabile anche la delicatezza con cui vengono raccontate le vittime Donatella Colasanti e Rosaria Lopez (molto bella e commovente la scena in cui le due ragazze cantano Lucio Battisti). Il massacro, infine, viene raffigurato senza alcun compiacimento visivo, risultando sì disturbante e realistico ma senza presentare alcuna forma di spettacolarizzazione della violenza. 

Il cast, sulla carta molto promettente (Valeria Golino, Jasmine Trinca, Riccardo Scamarcio, Giulio Pranno e Fabrizio Gifuni tra gli altri), si rivela in gran parte sprecato. Ammirabili tuttavia alcune giovani interpretazioni, principalmente quella di Luca Vergoni che, nei panni di Angelo Izzo, riesce in maniera davvero efficace a impersonare la nefandezza e la depravazione umana.

In conclusione La scuola cattolica risulta un esperimento poco riuscito che non riesce in alcun modo a eguagliare la profondità dell’opera cui fa riferimento nonostante dei rari momenti comunque apprezzabili. In poche parole: un’occasione mancata.

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