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Ottobre: mese europeo della consapevolezza adhd (disturbo da deficit di attenzione e iperattività)

«Complessità del disturbo, scarsa informazione e stereotipi, vuoti normativi ritardano la diagnosi per bambini e ragazzi e ostacolano intervento competente».«Serve maggiore conoscenza da parte degli operatori della scuola e della sanità, e un quadro legislativo organico per l’accompagnamento a scuola e nel lavoro».

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di VeneziaToday

È ancora comune lo stereotipo secondo cui un bambino o un ragazzo affetto dal disturbo da deficit di attenzione e iperattività (abbreviato in “Adhd”, Attention deficit hyperactivity disorder) sia semplicemente “irrequieto, agitato, dirompente e forse maleducato”. Il quadro del disturbo è invece caratterizzato da un’elevatissima complessità, ignorata da parte dei più e sottovalutata dalle istituzioni, che ancora non la riconoscono all’interno di una normativa organica. Sono criticità e lacune che ritardano la diagnosi, e dunque un intervento mirato e competente di supporto in età scolastica e di accompagnamento poi nelle sfide della vita, prima fra tutte l’ingresso nel mondo del lavoro.

È quanto emerso dal convegno “ADHD: sanità, scuola, famiglia… che fare?”, promosso e organizzato in occasione del mese europeo della consapevolezza sull’Adhd dalla cooperativa sociale Squero Onlus in collaborazione con Legacoop Veneto, che lo scorso sabato a Mestre, al teatro della parrocchia di Santa Maria Immacolata di Lourdes, ha spiegato le caratteristiche del disturbo, cercando di fugare dubbi e paure condivisi da molti genitori e familiari di bambini e ragazzi che ne presentano i sintomi, ma anche di demolire stereotipi e pregiudizi. «C’è una tendenza alla semplificazione del disturbo, causa di un retaggio profondamente radicato – ha evidenziato Gabriella Trevisan, presidente di Squero –. Il lavoro culturale necessario a sradicarlo è ancora lungo, ma ci sembrava importante iniziare a lasciare una piccola impronta, proseguendo con il nostro impegno di sensibilizzazione sui temi. L’obiettivo ultimo rimane quello di affiancare le famiglie e accompagnare i ragazzi nell’affrontare con serenità i disagi e le complessità della vita».

Proprio con questi obiettivi il convegno è stata l’occasione per consegnare non solo nozioni teoriche ma anche strumenti pratici alle famiglie e agli operatori del mondo della scuola e della sanità, impegnati a supportare i minori nel loro percorso di vita. «Parliamo di un disturbo con importanti conseguenze di natura sociale, sanitaria ed economica sulle persone che ne sono portatrici e sulla società tutta – ha spiegato Alessandra Luci, psicologa e psicoterapeuta, già logopedista, da anni impegnata nell’ambito di Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento) e Adhd –. Serve diffondere nella comunità educante informazioni scientificamente aggiornate, indispensabili alla comprensione del disturbo, ed è fondamentale lavorare insieme - famiglie, operatori e professionisti - condividendo strumenti utili per la gestione dei comportamenti problematici del minore e la promozione del suo sviluppo psicologico e sociale».

Un serio ostacolo alla definizione della diagnosi, alla presa in carico e al trattamento del disturbo è costituito però dal vuoto normativo. Una direttiva ministeriale del 2012 ricomprende l’Adhd all’interno della categoria dei “Bisogni educativi speciali” (Bes), alla quale appartengono anche i “Disturbi specifici dell’apprendimento” (Dsa). A differenza di questi ultimi però, regolamentati dalla Legge 170/2010, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività non trova alcun fondamento giuridico specifico. Eppure, con un’incidenza nazionale media del 2,9% in bambini e ragazzi tra i 5 e i 17 anni, tale disturbo è sempre più diffuso tra la popolazione in età scolastica, in Italia come in Veneto, anche se è difficile rintracciare dati più dettagliati riguardo diagnosi certificate, proprio a causa della scarsa conoscenza del disturbo e dell’assenza di un quadro legislativo dedicato, sia nazionale che regionale. Se sul versante dell’accompagnamento scolastico dei soggetti con questo disturbo esistono, a livello regionale, solo linee guida (risalenti peraltro al 2007), su quello dell’inserimento lavorativo persiste addirittura un totale vuoto legislativo.

«Stiamo lavorando affinché siano colmate le lacune normative esistenti in materia di Adhd, sia a livello territoriale che nazionale, con una disciplina organica che permetta di supportare i ragazzi nel percorso scolastico come in quello verso il lavoro». Ha detto Loris Cervato, responsabile del Settore sociale di Legacoop Veneto, che in tema di inserimento lavorativo per chi è affetto da Dsa ha poi evidenziato nello specifico: «Lo scorso maggio è stata emanata una legge nazionale che finalmente sancisce i principi di pari dignità e opportunità per le persone affette da questi disturbi: ne chiediamo attuazione alla Regione che ancora non l’ha recepita. Si tratta di interventi indispensabili all’eliminazione degli ostacoli, a volte insormontabili, incontrati dai soggetti Dsa nel momento in cui affrontano un colloquio o il primo ingresso nel mondo del lavoro».

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