"Parlare di bonifiche significa: protezione della laguna e riciclaggio dei terreni non più utilizzati - spiega Bernestein - ma i fondi sono finiti. C’è qualche disponibilità economica ora e si possono chiudere i marginamenti e completare il sistema dei drenaggi e le acque di scarico, ma l’accordo di programma sulla chimica aveva stabilito che aziende e Stato avrebbero speso la stessa cifra per le bonifiche. Le aziende hanno speso 550 milioni e lo Stato 230. Mancano 200 milioni, quelli che lo Stato non ha mai messo a integrazione di quelli privati. Completare i marginamenti significa far funzionare condutture, impianti di depurazione e sollevamento".
'Accorpare e bonificare'
"Per utilizzare queste aree - spiega l'ingegnere - bisogna inoltre accorpare tutte queste aree, perché la specialità di Marghera è la grandezza, ci sono migliaia di ettari disponibili. Le bonifiche di sicuro si fanno in loco. L’accordo di programma della chimica e il masterplan delle bonifiche lo ha stabilito: la gestione dei terreni di risulta da scavi deve essere fatta all’interno del sito di Porto Marghera, e si devono utilizzare le ex discariche per ricevere questi materiali. Se la bonifica si fa in modo selettivo, e le quantità sono minori, si può fare. Lo sblocco del vallone Moranzani è fondamentale non solo per il dragaggio dei canali del porto, ma anche per il trattamento dei fanghi di risulta. I tempi si possono accorciare e i costi si possono abbassare, se c’è una selezione. Oggi parlare di bonifiche significa non 200 euro a metro quadro, ma adattamento delle condizioni del suolo alle attività che vengono svolte, in modo da azzerare i rischi per chi va a lavorare su quelle aree, ed è più facile, si parla di 20, 30 euro a metro quadro, costi compatibili con una nuova iniziativa industriale".
'Parco'
"Le bonifiche - aggiunge non precedono ma seguono la scelta delle attività produttive. C’è a Marghera, e in tutto il Veneto, una grande quantità di terreni disponibili. Marghera è interessante per i 2 mila ettari disponibili, ma le aree devono essere accorpate e bonificate. I 107 ettari sono una manciata di coriandoli. Come utilizzare queste aree? Se non c’è richiesta industriale? Non sarei scandalizzato se servissero a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Quindi, pensando a una fascia verde, che sorge tra quelle reindustrializzate e quelle abitate. Tra gli esempi internazionali c’è la Rurh e il Galles, sito trasformato in un grande parco, lasciando gli impianti sotto. E’ diventato una collina, un’oasi naturalistica, con animali, dove le persone vanno ed è un polmone alle porte della città. Sicuramente - conclude Bernstein - il vallone Moranzani è questo, ed è previsto diventi un parco, dal paese di Malcontenta fino a Fusina, e questa cosa può essere forse estesa".