«Precari della Fenice lasciati senza contributi»: la denuncia dei sindacati
Usb spiega: negli ultimi mesi un centinaio di lavoratori non ha avuto accesso né al bonus di 600 euro previsti per i lavoratori dello spettacolo, né ad altre forme di integrazione del reddito
L’Unione Sindacale di Base (Usb) denuncia, attraverso un comunicato stampa, una grave situazione di crisi che alcuni lavoratori intermittenti del Teatro La Fenice starebbero vivendo: «Un centinaio di dipendenti, dall’inizio del lockdown a marzo fino ad oggi, non hanno percepito nessuna forma di contributo economico, né FIS (Fondo d’integrazione salariale), né bonus di 600 euro», spiega la nota.
Per l’azienda «non era possibile inserirli nella richiesta di Fis dal mese di aprile in poi, in quanto mancava la programmazione, a causa del prolungamento del lockdown per i teatri». Così i dipendenti «si sono rivolti all’Inps attraverso il modulo di richiesta dei famosi 600 euro di bonus previsti per i lavoratori del settore spettacolo e cultura, per cui la Regione Veneto successivamente ha stanziato un ulteriore supporto di 400 euro. Domenica scorsa 2 agosto, con grande sconcerto, i lavoratori hanno scoperto che la richiesta è stata respinta sulla piattaforma elettronica dell’Inps, con la motivazione che risultano incompatibili al ricevimento del bonus, in quanto per l’Inps sono già percettori di un’altra forma di ammortizzatore sociale, il Fis». Questo non è vero, secondo il sindacato, perché «gli intermittenti si sono visti riconoscere una misera cifra di Fis solo ed esclusivamente per il mese di marzo, visto che l’azienda non aveva fatto la richiesta per i mesi successivi».
Usb, quindi, chiede di avere un incontro con l'Inps di Venezia affinché venga riconosciuta ai lavoratori una forma di integrazione al reddito.
L’invito viene espresso anche da Erika Baldin, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Veneto: «Chiediamo all'assessore Donazzan un incontro immediato tra Regione e la direzione regionale dell'Inps, in cui si possa sbloccare questa situazione paradossale che sta gettando sul lastrico cento famiglie, vittime di contratti assurdi e di collaborazioni che, più che precarie, sono irrispettose per la loro dignità e professionalità. Amaro risultato di un errore di fondo, quello di considerare questo settore come l'ultima ruota del carro, ostaggio della precarietà più selvaggia, carente di ammortizzatori sociali e progetti di salvaguardia. Invece di sostenerlo, a Venezia lo affossiamo, indebolendo così anche il turismo e, come ricadute, l'accoglienza e la ristorazione».