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Il ministro Costa risponde sul porto di Venezia: «Protocollo fanghi a fine mese»

È intervenuto oggi durante il question time alla Camera. Aggiornamento necessario per gli scavi e per rendere i canali navigabili: pochi giorni fa la Cosco di Ocean Alliance ha "abbandonato" Venezia

Occhi puntati sul protocollo fanghi a Venezia, dopo la notizia dell'interruzione del collegamento diretto delle navi della compagnia cinese Cosco, che fa parte della cordata internazionale Ocean Alliance. Il porto ha confermato l'assenza di pianificazione della Cosco per l'ingresso delle grandi stazze, che potrebbe riguardare intanto almeno un semestre del 2020, e sono partite le interrogazioni a firma Lega e Italia Viva al ministro dell'Ambiente Sergio Costa. «Protocollo fanghi pronto a fine mese», ha spiegato Costa rispondendo oggi, mercoledì 15 gennaio, al question time alla Camera. Ma non è prevista una discussione al Comitatone, annunciato per il 20 gennaio, dove si parlerà di grandi Navi e Mose. «Vigilerò sulle promesse fatte», afferma Sara Moretto (Italia Viva) dopo il terzo rinvio del protocollo, cioè quello odierno, a seguito di quello di ottobre, che dava per buona la scadenza di fine 2019, e dicembre scorso, che invece lo aveva previsto a inizio gennaio 2020. Il sistema, fermo al 1993, va aggiornato prima di poter procedere con gli scavi e riportare la navigabilità dei canali. Lo stesso documento, tra l'altro, prevede l’individuazione di siti idonei per il conferimento dei sedimenti da dragare. Anche le Tresse, ulteriormente ampliate, hanno infatti un limite. 

Protocollo fanghi per la navigabilità

Costa ha spiegato che il nuovo protocollo, frutto di un lungo lavoro dei tecnici del ministero, dell'Ispra e del provveditorato alle opere pubbliche, è alle fasi conclusive: «Stamattina abbiamo avuto un altro incontro - ha detto - e l'esame ambientale è terminato. Adesso tocca all'esame eco-tossicologico ed entro fine gennaio dovremmo esserci, perché l'aspetto tecnico è stato definito». Dopodiché, ha ricordato, il testo passerà ai ministeri delle Infrastrutture e dell'Ambiente per il decreto interministeriale che ne sancirà la validità giuridica. Seguirà il protocollo per il piano morfologico, che però dipende dal protocollo fanghi. «Finalmente ci siamo - ha concluso - per rispondere in modo strutturale su questo tema».

Ambiente e Sviluppo economico

La deputata Sara Moretto, autrice dell'interrogazione, ha incalzato: «È ora di chiudere questo atto che è urgente su più piani: dal punto di vista ambientale, per classificare la pericolosità dei materiali di scavo; ma anche economicamente, perché questo blocco ha impedito le manutenzioni e gli interventi, per i quali il porto ha già accantonato 23 milioni di euro: sono interventi che avrebbero permesso di mantenere la rotta Europa-Cina, mentre ora dobbiamo fare i conti con 50 milioni di fatturato persi. Non ci illudiamo che il protocollo fanghi faccia tornare immediatamente le compagnie a Venezia, ma ribadiamo che è necessario dare fiducia a chi vuole investire in questo Paese e dare a Venezia e Chioggia una prospettiva di crescita e certezza». Anche la Lega ha spinto sul tema, parlando di un «addio annunciato» da parte delle compagnie. «Il problema è legato all'immobilismo e all'incapacità dei 5 Stelle», ha detto la deputata Ketty Fogliani.

Sindacato

A oggi la mobilitazione sindacale è data per scontata. «Aspettiamo di capire modalità e forme della protesta nel direttivo in programma, per la Cgil, il 21 gennaio prossimo e poi si andrà avanti - annuncia Renzo Varagnolo della Filt Cgil Veneto -. Siamo arrabbiati e preoccupati, recuperare la compagnia cinese è impossibile, meglio dire chiaramente che per il 2020 ad accogliere i mega container da un milione di euro l'uno (ne abbiamo persi circa 50), ci saranno Trieste, La Spezia e Genova. Per fare gli scavi serviranno altri mesi, poi servirà tempo per indire la gara, appaltere i lavori, e farli. Nel frattempo i fondali si abbassano. E dall'ordinanza di ottobre scorso della Capitaneria, quando ci fu una riduzione fino a 10,20, per certe navi e in certe fasce orarie, non si sono fatti altri rilievi, come invece si doveva fare dopo tre mesi. Non vorremmo venisse rilevato un ulteriore peggioramento della situazione».

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