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All'Angelo il 70% dei pazienti Covid ricoverati dal pronto soccorso non è vaccinato

Il primario del pronto soccorso di Mestre: «Questo dato dovrebbe aiutare i più scettici»

Dei pazienti positivi al Covid ricoverati all'ospedale Dell'Angelo di Mestre dopo l'accesso al pronto soccorso, circa il 70 per cento non è vaccinato e manifesta la malattia in forma molto più grave rispetto al restante 30 per cento, rappresentato per lo più da persone anziane o con altre patologie o complicanze (che in qualche caso non presenta nemmeno i sintomi del Coronavirus). A rivelarlo è il primario del pronto soccorso Dell’Angelo, Mara Rosada, che spiega: «Questo dato dovrebbe aiutare i più scettici rispetto al vaccino. Ognuno di noi, insieme agli altri, può portare avanti il proprio compito vaccinale e fare attenzione ai contagi utilizzando correttamente i dispositivi di protezione: solo in questo modo, uniti, possiamo avere una vera arma per sconfiggere la pandemia».

Il primario Rosada sabato mattina, dal palco dell'M9, ha rinnovato l'appello per la vaccinazione degli anziani e l'adesione degli over 80 alla terza dose. Anche dall'osservatorio specifico del Pronto Soccorso si ribadisce come la vaccinazione sia l'arma che permette di evitare il contagio: «Se è vero che un 25/30 per cento delle persone ricoverate dal pronto soccorso e positive al Covid sono vaccinate, va tenuto conto che in molti casi si tratta di persone su cui la vaccinazione non ha ancora avuto il tempo di attivare l'azione protettiva o persone ricoverate per altre patologie, asintomatiche, in cui il Covid viene evidenziato solo dai controlli effettuati, quindi non sviluppa patologia, a ulteriore conferma della validità e della necessità della vaccinazione«.

La pandemia, oltre ad aver causato migliaia di vittime, ha portato anche altre gravi conseguenze. Sia durante il lockdown che nei mesi successivi «non si sono potute fare diagnosi in un tempo discreto per quanto riguarda, ad esempio, le patologie tumorali ma, soprattutto, quelle croniche come il diabete o gli scompensi cardiaci», spiega Rosada. Gli accessi giornalieri al pronto soccorso di Mestre, nel periodo del lockdown, erano circa un’ottantina, contro la media dei 250 pre Covid. «Nei primi periodi dell’emergenza c’era una sorta di diffidenza nella popolazione nell’accedere al pronto soccorso, per il timore del virus - spiega Rosada -. Per questo, alcune patologie come il diabete o altre malattie croniche sono state "trascurate" e sono state diagnosticate più tardi». Questo ha portato, in certi casi, a una diagnosi più tardiva, con relative complicanze. «Nel periodo di massima emergenza l’attenzione della popolazione è stata rivolta al Covid, che stava facendo una strage. Dall’altro lato - precisa Rosada -, c’era anche una difficoltà della medicina territoriale nel poter seguire in modo adeguato questa fetta di popolazione. I medici hanno combattuto una vera guerra».

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