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Martedì, 19 Marzo 2024
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Nord Adriatico, un mare di tartarughe

Le Caretta caretta amano queste zone, come dimostrato dalla schiusa avvenuta nelle ore scorse e dalla gran quantità di esemplari che si aggirano al largo delle coste venete. Allo stesso tempo, però, corrono dei rischi

Nei mesi estivi tra le cinquemila e le seimila tartarughe si aggirano nella parte settentrionale del mare Adriatico, tra la Croazia e le coste venete: sono esemplari della specie Caretta caretta, che in questa calda estate sono arrivati a nidificare anche a Jesolo, in uno dei punti più settentrionali mai raggiunti. Una presenza così numerosa potrebbe sembrare strana, ma non è così. Lo spiegano Paolo Perlasca, dell'oasi WWF degli Alberoni, e Nicola Novarini, erpetologo del museo di storia naturale di Venezia: «Il Nord Adriatico è una zona storicamente molto frequentata dalle tartarughe sub-adulte: animali giovani, di lunghezza tra i 40 e gli 80 centimetri, che sono nella fase di passaggio alla maturità e che qui, da sempre, trovano grandi quantità di cibo». In particolare crostacei e molluschi.

Per questi rettili, però, le nostre acque sono più pericolose di un tempo a causa delle attività umane e del traffico acqueo: «Più di qualcuna - ricorda Perlasca - finisce impigliata nelle reti dei pescatori e affoga. Altre, invece, vengono ferite dalle eliche delle barche a motore oppure nell'impatto con gli scafi, soprattutto se arrivano alla laguna». È per questo che capita di trovare degli esemplari morti: è successo, ad esempio, nei giorni precedenti a Ferragosto, quando una Caretta è stata vista galleggiare senza vita all'altezza della bocca di porto del Lido. È andata meglio il 22 agosto, quando una tartarughina è stata recuperata davanti agli Alberoni, ricoperta di balani, e curata in una clinica veterinaria. Un altro episodio il 26 agosto: nel canale San Felice, all'interno della laguna, delle persone hanno notato un esemplare in difficoltà e hanno avvertito la guardia costiera, che ha inviato il suo personale sul posto. L'animale è stato recuperato e affidato ai ricercatori dell’università di Padova.

In questi anni gli studi condotti in collaborazione tra il WWF, la guardia costiera, l'università di Padova e il museo di storia naturale di Venezia, hanno permesso di monitorare la popolazione di tartarughe nel nord dell'Adriatico. Un progetto importante perché le Caretta costituiscono un "termometro" dello stato di salute del mare, in particolare relativamente all'inquinamento da microplastiche e da sostanze nocive riversate dai fiumi e dalle barche. «Il numero degli esemplari trovati morti è nella media, circa un centinaio nell'arco dei 12 mesi - dice Novarini - e la maggior parte di essi in realtà muore in altre zone, poi le carcasse vengono trascinate qui dalla corrente. Tutte le carcasse - aggiunge - vengono raccolte dal personale di Veritas, segnalate e portate a Legnaro per le necroscopie». Certo non è come cent'anni fa, quando le tartarughe di questo tipo erano molto più diffuse. Va ricordato che la Caretta, anche se non è a rischio di estinzione, è considerata dall'IUCN "specie vulnerabile": «Il loro numero - dice Perlasca - si è ridotto moltissimo rispetto a un secolo fa, quando, si dice, si potevano trovare anche in vendita al mercato del pesce di Rialto. Proprio per questo è importante tenere la specie sotto costante osservazione».

È un evento eccezionale, invece, quello della schiusa avvenuta in queste ore a Jesolo: «Siamo molto a nord - conferma Novarini - mentre normalmente, fino ad alcuni anni fa, questo avveniva solo nell'estremo sud dell'Italia. È segno che il territorio si sta scaldando e le tartarughe percepiscono anche qui le temperature alte che sono idonee alla deposizione delle uova». Potrebbe diventare una consuetudine, perché questi animali conservano il ricordo del luogo di nascita e quindi non è escluso che torneranno, in futuro, a deporre le loro uova nello stesso punto.

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