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Venerdì, 19 Aprile 2024
ViviVenezia

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A cura di Gianluca Anoè

Venezia e il suo quartiere a luci rosse, retroscena della laguna "osè"

La Venezia di un tempo aveva la sua contrada a luci rosse. Nella florida Serenissima, per molti secoli hanno prosperato i luoghi in cui le donne vendevano il proprio corpo e gli uomini soddisfavano i propri impulsi corporei. Lo sapevate? Immagino di sì.

Fu già a partire dal ‘300 che i capi contrada furono incaricati di trovare un luogo dove confinare le meretrici. Venne scelto il "castelletto", zona nelle vicinanze di Rialto, costituita di case alte e vicine tra loro. Un luogo sicuro, protetto da ben sei guardie. Si trattava di un vero e proprio borgo a luci rosse, dove il lavoro delle prostitute era regolamentato.

Nel 1421, poi, venne presa la decisione di trasferire tutte le prostitute nelle case che il comune aveva ereditato dalla vecchia famiglia Rampani, rimasta senza legittimi eredi. La zona, successivamente, sarà denominata delle Carampani, ovvero delle “case Rampani”. Dopo un periodo di crisi della prostituzione, in virtù della diffusione dell’omosessualità, il Comune prese la decisione di permettere alle donne di affacciarsi ai balconi con il seno scoperto, per poter attrarre la clientela. Fu in questo periodo che nacque a tutti gli effetti la contrada a luci rosse di Venezia.

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Testimonianza vivida di questa usanza è il ponte delle Tette, di cui già vi abbiamo parlato, (LEGGI QUI), da cui gli uomini avevano una vista d’eccezione e privilegiata sulle prostitute che si proponevano seducenti e poco vestite.

Venezia e il suo quartiere a luci rosse, retroscena della laguna "osè"

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