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A cura di Gianluca Anoè

Secondi piatti cucina veneziana: ingredienti semplici, sapori divini

Venezia, nel corso dei secoli, ha sempre mantenuto uno stretto contatto con l'entroterra, ma anche forti rapporti con paesi più o meno distanti che, volenti o nolenti, hanno contribuito ad influenzarne in piccola misura la cultura e le tradizioni. Anche la cucina, in questo senso, non è rimasta "illesa", ma anzi è rimasta profondamente influenzata da quei paesi con i quali intratteneva da vicino dei rapporti commerciali. Basti pensare al baccalà, proveniente dal mar Baltico, il riso di importazione araba, o anche le spezie e i cereali di provenienza asiatica. Diamo uno sguardo ora ad alcuni dei secondi piatti e "cicchetti" più apprezzati della cucina veneziana.

Baccalà mantecato alla veneziana

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Una delle ricette tipiche, tra le più apprezzate anche dai non autoctoni. Si tratta di una ricetta fine, in grado di esaltare il sapore dello stoccafisso, rendendo preziosa una pietanza della cucina "povera". Il baccalà, che deve essere di prima qualità, viene cucinato e ridotto in crema, per poi essere servito, preferibilmente, con polenta bianca.

Fegato alla veneziana

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Meglio noto, tra i veneziani, come figà aea venessiana. La tradizione impone l'utilizzo del fegato di maiale, ma al giorno d'oggi si utilizza di più quello di vitello o vitellone, contraddistinti da un sapore meno "deciso". L'equilibrio del piatto sta nel contrasto - sembra paradossale ma è così - tra il fegato e le cipolle, che devono essere rigorosamente quelle bianche di Chioggia.

Moéche fritte

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Moéca, ovvero il granchio quando muta il carapace, diventando una prelibetezza, una vera e propria specialità della cucina veneziana. L'origine delle moéche fritte è avvolta da un alone di mistero, ma ciò che è certo è che negli ultimi 30 anni ha fatto il boom nei consumi degli abitanti della laguna. La ricetta, quella originale, è semplicissima: il granchi vivo viene bucato con uno spillone, per farne uscire l'acqua interna, poi viene infarinato e fritto. Una variante, adatta ai più golosi, prevede l'immersione del granchio nell'uovo, per almeno due ore, prima di essere immerso nell'olio bollente, ed essere quindi fritto.

Seppie in nero

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Un piatto che - ammettiamolo - a prima vista non è per nulla invitante, ma basta assaporarlo per capirne la bontà divina. Un gusto eccezionale, che si esalta al meglio se accompagnato dalla polenta, in una seconda portata in grado di abbinare la materia prima della cucina "marinara", ovvero le seppie, con quella della cucina "contadina", ovvero la polenta. La preparazione non è semplice, e richiede una mano esperta. Morale della favola: se volete mangiarle "come si deve" non improvvisatevi cuochi.

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