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Cronaca Pianiga

Arrestato il "re dei rifiuti": "Era testa di legno per la 'ndrangheta"

S.R., 63enne, è finito in manette per la continuazione dell'inchiesta che lo portò in carcere già nel 2006: "Faceva gli interessi degli Alampi"

Negli anni nella zona della Riviera del Brenta è stato ribattezzato il "re dei rifiuti". S.R., 63enne padovano (dove la sua villa nel 2011 venne assaltata anche dai banditi) e titolare di una grossa ditta di smaltimento rifiuti di Pianiga, nel 2013 oggetto di un grosso incendio che preoccupò non poco i residenti, visto che all'interno potevano trovarsi anche rifiuti speciali, è stato arrestato dai Ros di Reggio Calabria nell'ambito di una indagine su intestazioni fittizie di beni per agevolare associazioni mafiose. Non si tratta della prima volta per il 63enne originario di Mirano: già nel 2006 venne arrestato su ordine del gip di Venezia dal Noe dei carabinieri sempre per reati inerenti lo smaltimento rifiuti. Dal processo, però, ne uscì pulito. Rientrando quindi in possesso di metà delle quote di un'azienda calabrese. Secondo gli inquirenti, dunque, l'imprenditore avrebbe potuto continuare a fare gli interessi della famiglia della 'ndrangheta degli "Alampi", evolutasi in affari di alto livello. Assieme al padovano, sono state arrestate altre 23 persone, con il sequestro preventivo di beni per 18 milioni di euro.   

L’indagine è la continuazione dell’operazione "Rifiuti spa" che, nel 2006, aveva accertato l’esistenza di un accordo trasversale tra le cosche Libri-Condello, finalizzato alla ripartizione dei vantaggi economici ricavabili dalla gestione fraudolenta delle discariche presenti nel territorio calabrese. In questo contesto, secondo gli inquirenti, la famiglia Alampi era riuscita a far fronte ai requisiti tecnici richiesti dai relativi bandi di gara attraverso l’unione societaria con S.R., esperto del settore. Il binomio aveva permesso di costituire numerose società, tra cui una con base a Reggio Calabria specializzata in opere di bonifica, protezione ambientale, smaltimento e recupero dei rifiuti, aggiudicandosi, attraverso il sistematico ricorso ai tradizionali metodi di intimidazione mafiosa, diversi appalti per la gestione di alcune discariche in provincia di Reggio Calabria. Poi gli arresti, e il successivo processo. Dopodiché S.R., come detto, era riuscito a rientrare in possesso di metà dell'azienda calabrese. In questo modo, secondo il Ros, la cosca avrebbe potuto continuare a gestire la ditta (ora requisita) per i propri fini, comprese alcune sovraffatturazioni per creare dei fondi neri.

In definitiva S.R. era quindi una sorta di testa di legno, dietro cui si nascondevano gli Alampi. Inserendo prestanome e referenti tecnici ad hoc anche nelle altre imprese controllate. E’ emerso, in particolare, come M.A., dal carcere, impartisse precise direttive ai familiari, anche attraverso i legali di fiducia, sulla gestione degli affari. L’interesse della cosca per gli appalti ecologici ha riguardato anche le attività gravitanti intorno al termovalorizzatore di Gioia Tauro e all’aggiudicazione dei lavori di ricopertura della discarica Marrella, sempre della stessa località portuale.

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