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L'Aquila, panni sporchi dei Casalesi si lavavano al Casinò di Venezia FILMATO DELLE FIAMME GIALLE

La Procura della città abruzzese ha arrestato sette imprenditori per le infiltrazioni mafiose nella sua ricostruzione. Riunioni filmate in laguna

L'ombra della Camorra sulla ricostruzione de L'Aquila. Nei giorni scorsi, infatti, la Procura della città abruzzese devastata dal terremoto del 2009 ha disposto sette ordinanze di custodia cautelare. Quattro in carcere e tre ai domiciliari nei confronti di altrettanti imprenditori, operanti nella ricostruzione post-terremoto, per i reati, a vario titolo, di estorsione aggravata dal metodo mafioso e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Dalle indagini, inoltre, si è venuto a sapere che uno dei luoghi prediletti per incontrare gli esponenti dei Casalesi era proprio il casinò di Venezia.

Dove cercare (senza che la casa da gioco avesse alcuna responsabilità) di riciclare i soldi sporchi e soprattutto, tra una fiche e l'altra, di coordinare attorno al tavolo verde i propri affari. Chiedendo informazioni sulla ricostruzione dell'Aquila. La guardia di finanza, però, con la collaborazione del casinò, è riuscita ad arrivare prima del gruppo. Prima di uno degli imprenditori arrestati, cliente abituale di Ca' Vendramin-Calergi, e soprattutto prima dell'arrivo degli affiliati dei Casalesi. In questo modo è riuscita a pedinarli e pure a filmarli mentre si scambiano denaro e informazioni. Mentre fumano e parlano. Mentre architettano la loro rete criminale tra appalti e fondi neri.

IL FILMATO DELLA RIUNIONE AL CASINO'/VIDEO

Le riunioni dei Casalesi al Casinò di Venezia

Tra gli uomini filmati dagli investigatori della guardia di finanza, c'è uno dei costruttori arrestati. Un uomo residente a L'Aquila da trent'anni ma originario del Casertano. Nella casa da gioco lagunare, secondo le fiamme gialle, incontra sei mesi fa due affiliati. Davanti alle telecamere nascoste. A un certo punto, il 25 gennaio scorso, si vedrebbe uno dei due "ospiti" consegnare all'amante romena dell'imprenditore una fiche da cinquemila euro. La donna la prende e poi se la mette in borsa. Poi, dopo poco tempo, ecco arrivare altre fiche da mille euro. Un piccolo tesoro.

Secondo l'accusa, gli imprenditori arrestati acquisivano lavori per la ricostruzione di case private "rivendendoli" in cambio del 30% del valore della commessa al gruppo imprenditoriale casertano considerato "contiguo al clan dei Casalesi", che nei cantieri faceva operare addetti con regolari contratti, costretti però a dare indietro in contanti il 50% dello stipendio per costituire fondi neri.

Tra le prove dei reati c'è stato anche il contributo di un collaboratore di giustizia che ha permesso di gettare luce su questo circuito criminale. Una trentina le perquisizioni nelle province dell'Aquila, Caserta e Roma e una ventina gli indagati. Dieci i cantieri interessati dove i lavori continuano paradossalmente con la soddisfazione dei proprietari, per un valore di circa dieci milioni di euro.

LA RIUNIONE A CA' VENDRAMIN-CALERGI

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