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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca San Donà di Piave

La droga arriva in moto, cartello dei boss che si prendono il mercato

Otto arresti giovedì per spaccio: si tratta del seguito dell'operazione Alias, che ora si è concentrata sulle malefatte "trevigiane" della banda

Avevano capito che per far fruttare il loro business non dovevano farsi la guerra ma allearsi. Basta competizione e soprattutto basta dispetti. La torta, tanto, era abbastanza grande da poterci mangiare tutti. E' in questo modo che un 28enne marocchino e un 26enne albanese sono riusciti a costituire negli anni un fiorente giro di spaccio. Tanto da rifornirsi di settimana in settimana di chili di stupefacente nel Milanese, che arrivavano fino a qui attraverso motociclette. Guadagni elevati (circa quindicimila euro la settimana) ed economia di scala, visto che molti tra i piccoli pusher loro sottoposti erano a loro volta tossicodipendenti.

Dopo gli arresti scattati nel maggio 2013, ora il gip ha firmato le ordinanze di custodia cautelare anche per quanto riguarda la parte trevigiana dell'inchiesta. Così sono finite in carcere sette persone, una invece si trova agli arresti domiciliari, altre due hanno l'obbligo di dimora o di firma. Erano tutti membri di un’organizzazione criminale composta per lo più da magrebini, ma anche da italiani e cittadini dell’est Europa, che si erano specializzati nello smercio di sostanze stupefacenti. Cocaina e hashish per lo più.

L’operazione “Alias” era stata avviata nell’estate del 2012, quando i militari del Nucleo Operativo e Radiomobile di San Donà di Piave avevano delineato l’organigramma di un sodalizio che aveva intrapreso un fiorente commercio di cocaina e hashish tra le province di Venezia, Treviso e Udine. La particolarità di questa organizzazione consisteva nel fatto che la posizione di vertice era condivisa da due stranieri: un marocchino 28enne e 26 enne albanese, detti "rabia" e "ciccio". I due avevano costituito una fitta rete di piccoli spacciatori che da loro dipendevano, sia in linea gerarchica che per l’approvvigionamento. Lo stupefacente veniva regolarmente acquistato nel Milanese, con cadenza settimanale, dai due esponenti di vertice che, per ridurre il rischio di essere sottoposti a controlli mentre transitavano in autostrada, si servivano di motociclette di grossa cilindrata. Generalmente il quantitativo dello stupefacente trasportato si aggirava attorno ai 500 grammi per quanto riguarda la cocaina e qualche chilogrammo per quanto riguarda l’hashish. Una volta rientrati in Veneto, i due sodali ripartivano in quantitativi inferiori lo stupefacente, che veniva chiuso ermeticamente all’interno di vasi di vetro e quindi sepolto in alcuni appezzamenti agricoli di ignari coltivatori, oppure occultato nei vari casolari abbandonati, ubicati nell’area rurale del Portogruaese o della provincia di Treviso. Oltre alla normale attività di spaccio, i due boss si sono resi responsabili, in più circostanze, di estorsioni: minacce di morte, calci e pugni per chi non onorava i debiti.

Nel giugno del 2012, i due capi dell’organizzazione e altri tre complici hanno organizzato una spedizione punitiva a Montebelluna, dove hanno colpito con calci al volto, oltre che minacciarlo con un cane, un extracomunitario che non aveva pagato una fornitura di cocaina. La Procura di Venezia si era dichiarata incompetente per gli episodi che si erano verificati nella provincia di Treviso, provvedendo a stralciare quel ramo di indagini per trasmetterlo all’autorità giudiziaria trevigiana. Dopodiché è arrivato l'ok anche per gli arresti nella Marca. L’indagine si è quindi conclusa con il deferimento di 42 persone e la segnalazione alle prefetture interessate di 64 persone come assuntori di stupefacente. In manette cittadini di nazionalità marocchina e albanese residenti tra i comuni di Motta di Livenza, Oderzo, Cessalto (paesi della Marca), Romano di Lombardia (nel Bergamasco), Fossano (Cuneo). Ai domiciliari un 35enne italiano residente a Fontanelle. Un 32enne marocchino era già in carcere a Orvieto. Nei confronti di altre due persone, un albanese e un marocchino, residenti a Giavera del Montello e Novara, è stata notificata la misura cautelare dell’obbligo di dimora e l’obbligo di firma.

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