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Cronaca Dolo

"Quando ho saputo che era morto ho tirato un sospiro di sollievo"

F.G., 31enne originario di Dolo, abita vicino alla casa dell'attentatore di Copenhagen: "Controllavo porte e finestre, poteva essere ovunque"

"Quando mi sono svegliato e ho saputo che l'attentatore era morto non ho potuto che tirare un sospiro di sollievo". F.G., 31enne originario di Dolo a Copenhagen ormai da anni per lavoro, non sapeva in quel momento, quando dovevano ancora scoccare le 5 di domenica mattina che quel "matto", come lo chiamavano per strada i danesi, abitava a non più di un chilometro in linea d'aria dalla sua abitazione: "Stiamo nello stesso quartiere - racconta - anche se la sua è una zona più malfamata. Si trovano gli alloggi per studenti o per chi non ha soldi per potersi permettere un affitto superiore. Ma si è sempre vissuto in armonia. Dalla mia finestra vedo la chiesa e il minareto, tutto in uno sguardo".

Un microcosmo che però si è incrinato nel tardo pomeriggio di sabato, quando un 22enne danese, di origini musulmane, ha fatto irruzione armato durante un convegno al Krudttønden café, uccidendo una persona. Dopodiché, quando ormai era calata la notte, un secondo raid. Stavolta alla Sinagoga della città, dove sotto i colpi d'arma da fuoco è rimasto a terra il guardiano. Dal primo allarme al secondo sono passate ore di forte preoccupazione: "Abbiamo sentito l'elicottero volare sulle nostre teste in continuazione - racconta F.G. - controllavo spesso la porta e le finestre. Tutti i possibili varchi da cui quell'attentatore avrebbe potuto insinuarsi. Poteva essere ovunque".

Posti di blocco in tutta la cintura esterna di Copenhagen, forze dell'ordine in ogni dove, e la voglia di un popolo di rispondere all'attacco portato (questa è l'ipotesi più verosimile) da un "lupo solitario" all'intero popolo danese: "Ha voluto minare i nostri ideali europei - sottolinea il 31enne -. Questa è gente che ha la cultura del dibattito, che crede nella libertà in ogni sua declinazione. In definitiva qui si trovano persone pacifiche, che ora stanno rispondendo come comunità. E' questo l'invito che il primo cittadino ha rivolto loro". Sullo sfondo, naturalmente, i problemi che le periferie a ogni latitudine portano con sé: "Nella zona dove abitava l'arrestato (scarcerato da solo due settimane per un accoltellamento su un treno, ndr) le insegne sono scritte solo in arabo, dunque si percepisce poca volontà di integrazione - spiega F.G., che convive con una ricercatrice originaria di Mira - Ma, ripeto, questa è terra di libertà. Oggi il prete della chiesa vicino a casa mia ha issato la bandiera danese. La gente sta subito rialzando la testa". 

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