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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Tuffi in acqua pericolosi dai pontili: ormai quasi solo stranieri finiscono in ospedale

C'è maggiore consapevolezza tra gli italiani, così i bagnanti operati alla Neurochirurgia dell'Angelo sono per la stragrande maggioranza turisti. "Informare meglio chi è sprovveduto"

I casi di “traumi midollari” a bagnanti ci sono ancora, nonostante le spiagge venete, sabbiose e lentamente degradanti, siano tra le più sicure al mondo e non offrano certo luoghi per tuffi in acqua spericolati o estremi. Un bilancio dei fenomeni di questo tipo arriva dall’équipe di Neurochirurgia dell’ospedale dell’Angelo di Mestre: "È significativo che negli anni più recenti - spiega il primario dell’Angelo, Franco Guida - siano per la stragrande maggioranza bagnanti stranieri a subire danni a causa di banali tuffi da pontili o ‘dighe’, tipici delle nostre spiagge: l’ultimo caso, affrontato all’Angelo la scorsa settimana, è quello di un giovane villeggiante scandinavo".

È positivo, dunque, che tra i bagnanti italiani si sia diffusa la consapevolezza che tuffarsi da luoghi in cui non è concesso, o in momenti in cui la visibilità è scarsa o ancora la marea è bassa, è un modo assurdo per divertirsi. Resta preoccupante che a farsi male, a volte anche in modo serio, con questi atti altamente imprudenti, siano spesso gli stranieri, che hanno meno dimestichezza con le maree e le correnti delle acque locali.

"C’è sicuramente un problema di buonsenso e di attenzione - commenta il primario - e lo dimostra proprio il fatto che gli incidenti sono ormai rarissimi tra chi ha sentito dei casi già noti; e c’è forse la necessità di diffondere questa attenzione tra chi è sprovveduto perché viene da fuori: in altre località balneari estere che presentano lo stesso problema sono stati introdotti metodi di allerta anche semplici e funzionanti, come le boe rosse di pericolo che emergono nel momento in cui la marea è bassa. Ma poi occorre che si diffonda la consapevolezza a non porsi a rischio in un modo così banale: si eviterebbero così le decine di incidenti che avvengono ogni anno sulle nostre spiagge".

Non solo tuffi, ovviamente: ogni anno sono 1200 i nuovi casi di traumi midollari in Italia, per il 60% dovuti ad incidenti sulla strada, e per quasi la metà occorsi nel fine settimana, collegati ad attività sportive o ricreative, molto spesso a motociclisti. Le conseguenza di questi traumi sono spesso drammatiche: “Chi li subisce – spiega il dottor Guida – rischia seriamente di rimanere tetraplegico, o comunque menomato nei movimenti. La dinamica è semplice: un urto o un impatto vanno a colpire le vertebre; queste, fratturandosi, vanno a comprimere il midollo contenuto al proprio interno; e l’interessamento a carico del midollo provoca nella persona colpita difficoltà di movimento, o la paralisi, cioè un handicap tanto grave quanto è grave il danno al midollo stesso”.

Ed è fondamentale, per chi subisce un trauma della spina dorsale, poter essere ricoverato al più presto in un centro specializzato come l’Angelo, dove sono in funzione le più moderne strumentazioni per lo studio diagnostico vertebrale e midollare. All’Ospedale di Mestre poi opera un’équipe chirurgica esperta: negli ultimi cinque anni, la Neurochirurgia del dottor Guida è intervenuta su 295 fratture vertebrali, 157 riguardanti la zona lombare, 88 la zona dorsale, e ben 50 riguardati la zona cervicale. “All’esperienza maturata con una casistica elevata – spiega ancora il dottor Guida – la nostra équipe aggiunge la capacità di gestire il trauma midollare con un timing chirurgico corretto. L’eccellenza del nostro Reparto nella cura delle persone mielolese si attiva da subito con la migliore gestione del traumatizzato in ogni fase, a partire dai primi soccorsi: sono anch’essi importanti perché una corretta immobilizzazione con asse spinale e collare può fare la differenza per il futuro del paziente. E si conclude con un adeguato trattamento postoperatorio e di riabilitazione, anch’esso fondamentale”.

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