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Cronaca Dolo

Da inizio epidemia il monoblocco Covid di Dolo ha sempre avuto pazienti positivi

Nel plurireparto dedicato alla cura del coronavirus, col salire dei tre piani sale l’intensità di cura. Da settimane è stato implementato anche il video-monitoraggio dei letti

Non si è mai negativizzato. Dall’insorgere dell'epidemia, il dipartimento Covid dell’ospedale di Dolo non ha mai vissuto un giorno senza ricoveri dovuti al virus. Si tratta di un monoblocco di tre piani che oggi è ad esclusivo servizio dei pazienti positivi, l’unico della provincia di Venezia a non aver mai conosciuto momenti di tregua, neanche quando il 6 e il 7 agosto raggiungeva il minimo storico dei tre ammalati di Coronavirus nel reparto di Medicina.

Il monoblocco Covid di Dolo

Nel monoblocco lavorano i primari di Medicina interna Moreno Scevola, di Pneumologia Manuele Nizzetto e di Geriatria Flavio Busonera. Quest’ultimo, in particolare, dopo aver vissuto la trincea Covid anche dall’altra parte, in un letto d’ospedale, si è aggiunto alla squadra dal principio della seconda ondata. «Ci sono pneumologi perché il virus colpisce i polmoni, internisti perché il virus non colpisce solo i polmoni e geriatri perché il virus colpisce duro soprattutto i grandi anziani», spiegano i tre dirigenti medici. Insieme gestiscono l’intero padiglione 3, di quello che oggi è diventato il Covid hub dell’Ulss 3, l’ospedale di Dolo. Nel monoblocco sale l’intensità di cura con il salire dei piani: al secondo è allocata la Geriatria, al terzo la Medicina interna e al quarto la Pneumologia. Si passa dai letti di degenza standard del secondo piano, ai letti ad alta intensità di cura del terzo, ai letti semintensivi del quarto.

Dentro al dipartimento Covid lavorano 28 medici specialisti, primari inclusi. I pazienti sono più anziani, e spesso più gravi, rispetto alla prima ondata: l'età media è passata infatti da 71 a 75. Attualmente sono attivi 144 posti letto, di cui 34 ad alta intensità di cura e 14 semintensivi (aumentabili in caso di bisogno). La sorveglianza su questi pazienti viene effettuata anche a distanza dalle riattrezzate cabine di comando degli infermieri e riguarda sia i parametri vitali del paziente che le riprese in tempo reale del letto di degenza. «Le aree Covid dell’Ulss 3, assieme alle terapie intensive, sono i reparti maggiormente interessati dalla pandemia - spiega il dg Giuseppe Dal Ben - e in questa seconda ondata sono state attrezzate con strumentazioni ancora più performanti, per rispondere alle esigenze dei nuovi pazienti, specialmente quelli più gravi e complessi».

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L’esperienza della prima ondata a Dolo

Da inizio marzo a fine settembre i pazienti colpiti dal virus e transitati nell’ospedale di Dolo sono stati 354: 189 maschi e 165 femmine. L’età media dei degenti uomini è stata di 72 anni, quella delle donne, invece, 81. Oltre all’infezione, nel 60% dei casi i pazienti avevano anche malattie cardiovascolari, nel 30% diabete, il 20% una neoplasia, il 7% soffriva di obesità. Dei 354 pazienti, inoltre, 97 provenivano da una casa di riposo e 47 da un altro ospedale o da una lungodegenza, il resto dal proprio domicilio. I guariti  sono stati ricoverati, in media, 25 giorni prima della dimissione e hanno un’età media di 69 anni.

E la seconda

Prima pazienti più giovani e meno gravi rispetto alla prima ondata, «poi il virus ha cominciato a circolare di più e sono cominciati ad arrivare pazienti più gravi e più adulti rispetto alla prima esperienza. - dice Nizzetto - Ora però abbiamo fortificato ancora di più l’interdisciplinarietà e sappiamo cosa aspettarci dal virus durante i ricoveri». Mentre nella prima ondata i reparti di Medicina e Pneumologia hanno cercato di fare da cuscinetto a quello di Geriatria, gestendo i casi Covid dei grandi anziani e tentando di preservare l’assenza del virus all’interno del reparto a loro dedicato, «in questa seconda ondata l’arrivo degli anziani che hanno contratto il Coronavirus è stato più importante e più veloce», spiega Busonera.

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