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Giovedì, 25 Aprile 2024
Lavori inesistenti

Truffa da 5 milioni di euro con il bonus facciate, 10 arresti e beni sequestrati

Operazione dei finanzieri di Verona ed Agrigento assieme ai carabinieri del Comando provinciale scaligero. Un arresto anche in provincia di Venezia

L’accusa è di aver costituito un’associazione per delinquere allo scopo di percepire illecitamente i contributi statali del cosiddetto "bonus facciate”, utilizzando crediti fiscali senza diritto. Il tutto aggravato dal carattere transnazionale, perché gli indagati avrebbero agito sia in Italia che all'estero. Martedì mattina i finanzieri di Verona ed Agrigento, insieme ai carabinieri del Comando provinciale scaligero, hanno eseguito un'ordinanza cautelare del tribunale nei confronti di dieci persone tra le zone di Verona, Agrigento, Treviso, Caltanissetta e la provincia di Venezia, dove risulta una persona arrestata. Tre di loro sono state messe in carcere, 7 ai domiciliari. L'operazione ha portato anche al sequestro di beni per un valore di 5 milioni di euro: conti correnti, auto, immobili e società, oltre a una serie di attività turistiche e commerciali sul lago di Garda tra le quali un hotel, due pasticcerie, due ristoranti ed un locale.

La presunta associazione a delinquere aveva base nel comune di Peschiera del Garda e nell'area bresciana del lago, ma avrebbe operato su tutto il territorio nazionale. Gli indagati - di origine siciliana, calabrese, campana e albanese - avrebbero avuto l'appoggio di un commercialista trevigiano e, dopo aver monetizzato crediti d'imposta per circa 5 milioni attraverso la cessione a Poste Italiane, avrebbero reinvestito i proventi sul lago di Garda. In totale il decreto del gip riguarda 12 persone fisiche tra Italia e Spagna (2 delle quali indagate a piede libero): sono accusate, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio.

Indagini in Sicilia e sul Garda

L'indagine è frutto di due filoni partiti inizialmente in parallelo, tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022: uno nella provincia di Agrigento, ad opera dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, e uno sul territorio gardesano, ad opera dei carabinieri di Peschiera del Garda. In Sicilia gli investigatori avevano intercettato alcune conversazioni telefoniche sospette relative, appunto, a movimenti finanziari collegati alla cessione di crediti provenienti da bonus edilizi. Da quel momento sono iniziati gli approfondimenti, che poi hanno svelato un meccanismo di frode che si estendeva ben oltre i confini siciliani, arrivando al Nord Italia.

Parallelamente, i carabinieri di Peschiera stavano svolgendo un'indagine autonoma nei confronti di alcuni individui che si erano insediati nell'area gardesana avviando una serie di frenetiche operazioni di acquisto di strutture turistiche e attività commerciali sulla sponda sud occidentale del lago: operazioni anomale che, chiaramente, hanno insospettito le forze dell'ordine. La procura della Repubblica presso il tribunale di Verona, chiamata in causa dall'Arma scaligera e dai magistrati agrigentini, ha optato per un lavoro in sinergia, delegando le indagini sull’intero contesto ai carabinieri della compagnia di Peschiera del Garda e ai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Verona.

Il metodo

Tramite il meccanismo illecito, il gruppo avrebbe creato ad arte i presupposti per la comunicazione all’Agenzia delle entrate di oltre 17 milioni di euro di crediti d’imposta in totale: 5 effettivamente incassati tramite la cessione, gli altri non ancora incassati e ora "congelati" grazie all'indagine. All’origine delle catene di cessione c'erano diverse decine di persone fisiche che risultavano aver dichiarato (nella maggioranza dei casi inconsapevolmente) lavori di ristrutturazione edilizia delle facciate esterne, acquisendo il diritto alla detrazione del 90% della spesa, e di aver poi comunicato di aver ceduto i relativi crediti a terzi.

Successivamente le pratiche, per centinaia di migliaia di euro, sarebbero state trasmesse, per conto degli ignari titolari, ad opera del commercialista trevigiano compiacente. I crediti d’imposta così originati venivano ceduti a società e imprese individuali, che sarebbero tutte riconducibili agli indagati, direttamente o indirettamente; queste, a loro volta, li avrebbero ceduti a Poste Italiane, inconsapevole della frode. Una volta ottenuto il controvalore dei crediti, il denaro sarebbe stato trasferito su conti esteri, principalmente spagnoli, per poi rientrare nella disponibilità del gruppo: i soldi, come detto, sarebbero stati impiegati per acquistare attività economiche e immobili situati a Peschiera, Desenzano e Moniga sul Garda.

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